sabato 28 aprile 2018

Inumana detenzione: niente indennizzo al detenuto se non ha pagato le pene pecuniarie

Il ministero della Giustizia può compensare il credito vantato nei confronti del detenuto per il mancato pagamento delle pene pecuniarie, trattenendo il denaro destinato a risarcire la detenzione inumana. La pena pecuniaria rappresenta, infatti, un'entrata patrimoniale dello Stato, che può essere riscossa mediante ruolo. E l'ordinamento non contempla un divieto di compensazione per le entrate patrimoniali, neppure in riferimento alle tributarie vista la possibilità di pagare spontaneamente attraverso la compensazione volontaria del credito di imposta. La Corte di cassazione, con la sentenza 10130 respinge il ricorso contro il decreto con il quale il tribunale aveva dichiarato estinto il credito vantato da un detenuto per 4.144 euro, accertato per le condizioni inumane subite durante la carcerazione. L' indennizzo, previsto dall'articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario, era “sfumato” perché destinato a compensare un maggior debito per le pene pecuniarie non pagate.
Ad avviso della difesa però il risarcimento per i trattamenti inumani non poteva essere destinato a compensare un controcredito. Per la Cassazione invece si può. I giudici precisano, infatti, che la pena pecuniaria è una voce delle entrate dello Stato e può essere riscossa coattivamente mediante ruolo. I giudici ricordano che persino per le entrate tributarie è consentita la compensazione tra debiti e crediti “fatta salva in quel solo caso l'identità della natura dei crediti (tributari) da compensare”. Una relazione di identità, stabilita eccezionalmente, nel caso del tributo, in virtù del quale non può essere estesa oltre l'ambito per il quale è contemplata. Per tutte le altre entrate l'amministrazione può compensare a prescindere dalla fonte del credito, con il solo limite della certezza del diritto vantato.

Fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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