Respinte le obiezioni difensive. Per i giudici l’episodio verificatosi è grave. Decisivo anche lo stato di ansia riportato dalla persona allontanata dal negozio.
Difficili da sopportare le lagnanze per la presunta scarsa qualità della merce in vendita. Eccessiva, però, la reazione del negoziante, che caccia in malo modo il cliente. Non si può parlare di mera scortesia, bensì, secondo i giudici, di violenza privata.
Critico. Linea di pensiero comune per i giudici di primo e di secondo grado: l’episodio verificatosi in un negozio è ritenuto grave. Conseguenziale la condanna del commerciante, che ha cacciato via un cliente perché troppo critico sulla qualità dei prodotti in vendita.
Questa visione è condivisa anche dai magistrati della Cassazione, che respingono le obiezioni difensive e confermano la pronuncia della Corte d’appello.
In sostanza, è insostenibile la tesi proposta dal legale, secondo cui il comportamento tenuto dal commerciante è stato «soltanto scortese» nei confronti di un cliente. Per i giudici, invece, si deve considerare l’episodio come un lampante esempio di «violenza privata», resa ancora più grave dalle ripercussioni psico-fisiche subite dalla persona aggredita, cioè uno «stato di ansia» giudicato «guaribile in 2 giorni».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it/Cliente cacciato: la scortesia costa al commerciante una condanna - La Stampa
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giovedì 28 settembre 2017
Cliente cacciato: la scortesia costa al commerciante una condanna

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