In tema di normativa antiriciclaggio, ai fini della configurabilità dell'obbligo di segnalazione previsto dall'articolo 41 del Dlgs. 231/2007, è sufficiente un mero giudizio di possibilità in ordine alla provenienza delittuosa dei fondi e alla finalità illecita delle operazioni, non essendo richiesto al titolare dell'obbligo della segnalazione di acquisire alcuna certezza riguardo alla illiceità dell'operazione. Ad affermarlo è il Tribunale di Roma con la sentenza 7933/2017.
Il caso - All'origine della vicenda vi è una operazione finanziaria consistente nella movimentazione di assegni circolari su un conto bancario intestato ad una associazione culturale per un importo di più di 4,5 milioni di euro, attraverso una donazione testamentaria. In seguito ad accertamenti effettuati dall'Unità di Informazione Finanziaria della Banca d'Italia, volta a verificare la regolarità dell'operazione bancaria, il ministero dell'Economia e delle Finanze irrogava una sanzione all'istituto di credito e al suo responsabile antiriciclaggio per l'omessa segnalazione di tale operazione ritenuta sospetta, in violazione dell'artico 41 del D.lgs. 231/2007, per un importo di quasi mezzo milione di euro. Opponendosi al decreto, la banca e il suo funzionario ritenevano che l'operazione in questione non poteva essere ritenuta sospetta, in assenza di chiari indizi in tal senso ed essendo giustificata dalla documentazione prodotta dal cliente.
La decisione - Il Tribunale conferma però la sanzione irrogata e sofferma la sua analisi sul concetto di “operazioni sospette” di cui all'articolo 41 del Dlgs 231/2007. Tale disposizione normativa impone ai soggetti obbligati di segnalare una operazione finanziaria sospetta quando vi sono motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, desumendo il sospetto dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da ogni altra circostanza. Ebbene, affinché scatti l'obbligo di segnalazione, afferma il giudice, è sufficiente «la ragionevolmente ipotizzabilità che un'operazione di riciclaggio sia in corso», ovvero « un mero giudizio di possibilità in ordine alla provenienza delittuosa dei fondi e alla finalità illecita delle operazioni, mentre non si richiede in capo al titolare dell'obbligo della segnalazione di acquisire alcuna certezza riguardo alla illiceità dell'operazione». D'altra parte, chiosa il Tribunale, l'obbligo di segnalazione non può presupporre la conoscenza dell'origine illecita dei fondi, perché, in tal caso, «l'intermediario che ne consente comunque la movimentazione sarebbe esposto a responsabilità non amministrativa ma penale». E nel caso di specie, il carattere sospetto delle operazioni effettuate appariva evidente in considerazione dei connotati oggettivi dell'operazione.
fonte:Cassa Forense - Dat Avvocato
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domenica 24 settembre 2017
Antiriciclaggio, per la segnalazione basta il sospetto
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