Se la madre cambia idea e rimane, dopo il parto nel suo paese di origine non commette “illecito trasferimento o mancato ritorno”, ovvero sottrazione internazionale di minore. Questo l'esito di una istanza interpretativa formulata dal giudice greco del procedimento avente ad oggetto la “domanda di ritorno” di una figlia in Italia, formulata da un padre, in replica alla decisione della madre della piccola che, dopo il parto, aveva deciso di rimanere in Grecia, nonostante i coniugi avessero fissato la loro residenza abituale in Italia.
La Corte di giustizia europea, con la sentenza dell'8 giugno 2017 (quinta sezione Causa C-111/17) nell'interpretare il contenuto della Convenzione dell'Aja del 25.10.80 e del Regolamento CE n. 2201/2003(art.11) ha così statuito “in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, in cui un minore è nato ed ha soggiornato ininterrottamente con la madre, per diversi mesi, conformemente alla volontà comune dei suoi genitori, in uno Stato membro, diverso da quello in cui questi ultimi avevano la loro residenza abituale prima della sua nascita, l'intenzione iniziale dei genitori in merito al ritorno della madre, in compagnia del minore, in quest'ultimo Stato membro, non può consentire di ritenere che detto minore abbia ivi la sua “residenza abituale” ai sensi di detto regolamento.
Secondo la Corte di Giustizia in una situazione de quo, il “rifiuto della madre” di far ritorno in questo stesso Stato membro in compagnia del minore, non può essere considerato come un “illecito trasferimento o mancato ritorno” del minore, ai sensi di detto art. 11, paragrafo 1.” Ne consegue come l'autorità giudiziaria (greca) non dovrà procedere d'urgenza al fine del ritorno del minore nello stato “originario”, ma sarà ovviamente lasciata al Giudice del singolo caso, la decisione di realizzare l'interesse del minore, rispetto al diritto del medesimo a godere della bigenitorialità, eventualmente motivando in merito al rientro della piccola nel paese del padre.
La decisione interpretativa della Corte di Giustizia ha, infatti, ritagliato il solo concetto dello “illecito trasferimento o dell'illecito trattenimento” di minori in qualsiasi stato contraente, escludendolo nel caso in esame in base all'assunto, comprovato, che il viaggio della madre ed il suo soggiornare in Grecia, dopo il parto, era avvenuto nell'accordo dei due genitori. Ai sensi dell'art. 3 della Convenzione dell'Aja del 1980 ricorda la sentenza, un tale comportamento genitoriale viene considerato “illecito” quando avviene in violazione dei diritti di custodia, assegnati ad una persona, ed in tema di diritto di custodia, l'articolo 5 lettera A della stessa Convenzione, prevede come questo “comprenda il diritto vertente sulla cura della persona del minore, ed in particolare quello di decidere in merito al luogo della residenza”. In buona sostanza la domanda del Giudice greco era tesa a “determinare la residenza abituale di un neonato o di un lattante” ed il magistrato ellenico osservava come in questi casi la tenera età del minore non potesse consentire di fare il perno sul poco tempo del radicamento del piccolo in un luogo, ma piuttosto fosse necessario indagare sulla “iniziale intenzione dei genitori, che può dedursi dai preparativi che questi ultimi hanno effettuato ...quali la preparazione della sua stanza od ancora la locazione di una abitazione più grande”. Al contrario la decisione della Corte di Giustizia, ha riduttivamente osservato in modo dogmatico, come la procedura di ritorno miri solo a “ricollocare” il minore nell'ambiente che gli è più familiare e così facendo a ripristinare la continuità delle sue condizioni di esistenza e sviluppo.
Fonte:Cassa Forense - Dat Avvocato
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martedì 1 agosto 2017
Non c’è sottrazione di minore se la madre dopo il parto resta nel suo Paese
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