Riflettori puntati sui partecipanti ad una manifestazione svoltasi 3 anni fa a Milano. Per i giudici, però, il ricorso a simboli e riti fascisti non erano minimamente caratterizzati dall’idea di provocare sentimenti nostalgici.
Croce celtica e saluto romano non sono punibili. Ciò perché, pur appartenendo alla simbologia e ai riti della destra mussoliniana, essi possono essere valutati come legittime manifestazioni del pensiero. Decisivi sono il contesto e la mancanza di una chiara, evidente finalità di restaurazione del regime fascista (Cassazione, sentenza n. 28298/2017, depositata il 7 giugno 2017).
Corteo. Ultimo strascico giudiziario per una vicenda cominciata tre anni fa, in occasione di una manifestazione a Milano. L’evento, organizzato da diverse forze politiche di destra, era finalizzato alla commemorazione di tre personaggi fascisti, e si è caratterizzato, ovviamente, per il ricorso a determinati simboli e a determinati riti, come «la ‘chiamata del presente’, il ‘saluto romano’ e le croci celtiche».
Oltre mille le persone coinvolte, e alcune di esse sono finite sotto accusa per «apologia del fascismo». In particolare, ora, i riflettori sono puntati su un giovane pugliese che, approdato nel capoluogo lombardo per la manifestazione, è stato beccato a «partecipare al corteo esibendo una bandiera raffigurante la croce celtica, simbolo notoriamente adottato dalle formazioni di ispirazione nazi-fascista».
Per il Gup di Milano, però, gli elementi a disposizione non sono sufficienti per parlare di «manifestazioni» vietate. Ciò perché «le modalità di svolgimento della manifestazione, di carattere commemorativo» non avevano minimamente «creato il pericolo di ricostituzione del partito fascista».
Pericolo. Ora la visione tracciata dal G.U.P. viene condivisa dai magistrati della Cassazione. Anche a loro avviso, difatti, nonostante le obiezioni mosse dal Procuratore della Repubblica di Milano, il corteo oggetto di discussione e il ricorso a «saluto romano e croci celtiche» non hanno mai fatto balenare «il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste».
Allargando l’orizzonte, poi, viene evidenziato che «l’apologia del fascismo», per «assumere carattere di reato», deve «consistere non in una difesa elogiativa ma in una esaltazione tale da poter condurre a una riorganizzazione del partito».
In questa vicenda, invece, è emerso che la «simbologia fascista» utilizzata a Milano era «rivolta esclusivamente alla commemorazione di tre defunti, in segno di omaggio e umana pietà». A confermarlo, poi, anche il fatto che «il corteo si è svolto secondo modalità ordinate e rispettose, in assoluto silenzio, senza che venisse intonato alcun canto o inno o slogan fascista» e «senza alcun accenno a comportamenti aggressivi, minacciosi o violenti, senza armi e senza riferimenti a lotte o rivendicazioni politiche».
Così, una volta esclusa l’ipotesi di «sentimenti nostalgici», si può, concludono i magistrati, far cadere l’accusa di «manifestazioni fasciste» vietate in occasione del corteo a Milano.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it/Saluto romano e croce celtica in corteo: nessun reato - La Stampa
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lunedì 12 giugno 2017
Saluto romano e croce celtica in corteo: nessun reato
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