La danneggiata è una donna che a causa dell’errore medico nell’esecuzione di un intervento non potrà più avere qualsiasi rapporto sessuale con il proprio coniuge. Il Tribunale di Roma ha condannato l’Ospedale al risarcimento del danno quantificato in quasi 73.000 euro per colpa medica e violazione del diritto al consenso informato (sent. 2782 dell’11 febbraio 2016).
Il caso. Una donna si sottoponeva ad un intervento di «istrectomia per prolasso genitale totale», nel corso del quale il chirurgo eseguiva una non preventivata plastica vaginale con applicazione di Marlex, asportando un’ampia porzione di parete vaginale e provocandone una riduzione del calibro e della profondità.
Si rendeva necessario un secondo intervento, con il quale però non si riuscì a ricostruire l’apparato genitale, ormai fortemente escisso in seguito al primo intervento.
La donna ricorreva allora in giudizio, deducendo la grave responsabilità della struttura ospedaliera e ne chiedeva la condanna al risarcimento di tutti i danni biologici, morali ed esistenziali connessi all’esecuzione dell’intervento riparatorio, nonché per l’impossibilità di intrattenere qualsiasi rapporto sessuale con il proprio coniuge.
Errore medico. A confermare la responsabilità del sanitario in Tribunale è la lacunosità della cartella clinica e i chiari e rilevanti errori nell’esecuzione dell’intervento emersi dalla consulenza tecnica d’ufficio. Nello specifico, la consulenza ha evidenziato come il chirurgo durante l’isterectomia vaginale abbia proceduto ad una eccessiva escissione del tessuto, non rendendo più possibile per la donna avere rapporti sessuali. Infatti, sebbene la ricorrente fosse affetta da una patologia congenita, aveva concepito e portato a termine 3 gravidanze e pertanto aveva una capacità sessuale e riproduttiva comprovata. In conclusione, prima dell’intervento, la donna aveva un tessuto vaginale non ancora compromesso ai fini della possibilità di avere una vita sessuale. Ciò «”molto più probabile che non” è avvenuto per errore del chirurgo che ha proceduto alla notevole resezione pur in assenza di un esame clinico oggettivo antecedente che ne giustificasse la portata, resezione infatti non corretta in base al successivo esame clinico». Inoltre, sempre la consulenza ha rilevato che dalla cartella clinica non risultava riportata alcuna visita ginecologica e nemmeno lo stato pre intervento all’esame obiettivo. A tutto ciò si aggiunge la totale carenza di consenso informato. «La paziente verosimilmente avrebbe potuto non accettare il trattamento se avesse saputo l’exitus ovvero la sua capacitàcoeundi».
Danno biologico e da lucro cessante. Sulla base di tali argomenti il Tribunale di Roma, ha riconosciuto un danno non patrimoniale alla paziente per complessivi 51.504,69 €, a cui occorre aggiungere il danno da lucro cessante, per un totale di 72.893,69 €.
Fonte: www.ridare.it/Lesione della capacità sessuale, l’Ospedale costretto a risarcire - La Stampa
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sabato 7 maggio 2016
Lesione della capacità sessuale, l’Ospedale costretto a risarcire
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