lunedì 7 settembre 2015

Responsabilità medica, se manca la causalità inutile affrontare la questione della colpa

In un magistrale saggio del compianto Maestro Giorgio Marinucci veniva affermato con estrema lucidità che in tema di causalità colposa prima si accerta la causalità reale naturalistica (la spiegazione scientifica dell'evento) e dopo si accerta la causalità ipotetica connessa alla efficacia impeditiva della condotta doverosa, e che in assenza della prima non ha senso accertare la seconda. La sentenza 34296/2015 della Suprema Corte può essere considerata una esatta applicazione di questo fondamentale principio.

(Cassazione penale Sentenza, Sez. IV, 06/08/2015 08/05/2015, n. 34296)

Un medico viene assolto in primo grado dall’accusa di omicidio colposo di un bambino, ricoverato per una stipsi ostinata accompagnata da vomito, al quale era stato somministrato dalla madre, su indicazione del medico, dell’olio di ricino.

Il primo giudice rileva che sul piano causale la morte è dovuta a una sepsi la cui causa è rimasta ignota e comunque non risulta riconducibile al disturbo intestinale. In ordine alla colpa, vero che il medico ha tenuto una condotta colposa, in quanto non avrebbe dovuto somministrare un lassativo così potente considerata la disidratazione del bambino, tuttavia il Tribunale ritiene che il decesso causato dalla sepsi fosse del tutto imprevedibile.

In appello il medico viene invece condannato. Sul piano causale, pur specificando che la sepsi non era dovuta al disturbo intestinale, il secondo giudice rimarca come la condotta del medico dovesse considerarsi quale “concausa dell’evento”, risultando assolutamente evidente dagli atti del procedimento che la severa crisi di vomito, seguita alla somministrazione dell’olio di ricino, fosse stata determinante nel favorire la sepsi rendendola virulenta, quindi meno trattabile e incontrollabile. In altre parole, «per quanto non fosse stata accertata fino in fondo la natura della sepsi (se virale, batterica o mista), non poteva dubitarsi che essa avesse avuto gli effetti devastanti che aveva avuto anche a causa del fisico fortemente indebolito del piccolo, prostrato dallo stato di disidratazione cagionato dalla somministrazione dell’olio di ricino». In ordine alla colpa, si ritiene che il medico si era comunque rappresentato ex ante l’evento, in quanto per la sua esperienza professionale, avrebbe dovuto prefigurarsi il grave danno che la somministrazione di olio di ricino, per il suo collaterale effetto emetico, avrebbe potuto di per sé determinare nel fisico di un bambino di appena quattordici mesi. Anche in considerazione del fatto che l’imputato ben conosceva le peculiari condizioni di salute in cui versava il bambino sin dalla nascita.

La Cassazione ritiene il ricorso dell’imputato fondato. La causalità viene categoricamente esclusa: «l’evento lesivo viene invero ricondotto sotto il profilo causale, alla condotta commissiva dell’imputato – quest’ultima ravvisata nella prescrizione di olio di ricino – in virtù di un ragionamento ipotetico che risulta, però, in radice viziato dal mancato o, comunque, palesemente insufficiente svolgimento del doveroso giudizio controfattuale». Non può dubitarsi, infatti, «che in tema di causalità, il giudizio controfattuale – imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita avrebbe potuto evitare l’evento (c.d. giudizio predittivo) – richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che è effettivamente accaduto (c.d. giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta […] Tali verifiche risultano omesse nel caso di specie, caratterizzato, anzi, per specifica e significativa indicazione dei periti, pure ripresa in sentenza, dalla assenza di certezza alcuna circa l’origine e la natura della sepsi (se di tipo batterico, virale o mista), accompagnata peraltro dalla indicazione del suo carattere severo tale da condurre il piccolo paziente ad un “rapidissimo decesso”».

Sul piano della colpa, poi, si esclude sia la prevedibilità che l’evitabilità. In ordine alla prima, si osserva che la violazione della regola cautelare non era comunque correlabile a un rischio di morte da infezione settica, essendo peraltro, rimaste ignote la sua origine e natura. Circa la evitabilità, si precisa che se anche il medico avesse somministrato un emolliente meno energico dell’olio di ricino, l’evento si sarebbe verificato egualmente.

La conclusione a cui giunge la Corte di Cassazione non può che essere condivisa. In termini sintetici si può dire che il caso in esame è un classico caso di presenza di colpa, ma in assenza di causalità. Tuttavia, come precisa molto opportunamente la stessa Corte, l’accertamento del nesso causale, sulla base di un paradigma esplicativo, è preliminare all’accertamento della colpa, che invece implica un giudizio predittivo. Nel momento in cui, la causa della morte di una persona risulta nella sostanza ignota, o comunque risulta scientificamente spiegata attraverso una catena causale che non è in grado di “incrociare” una condotta umana, sia essa commissiva od omissiva, viene a mancare lo stesso nesso causale e non ha senso interrogarsi se il comportamento alternativo lecito sarebbe stato o meno in grado di evitare la verificazione dell’evento. Tanto è vero che, se il medico avesse tenuto la condotta dovuta – somministrazione di un lassativo meno potente dell’olio di ricino – l’evento si sarebbe verificato egualmente.

La sentenza risulta particolarmente apprezzabile proprio perché scolpisce con estrema chiarezza le due componenti in cui si articola l’accertamento della causalità colposa (esplicazione e predizione) e afferma con forza che in assenza di causalità non è possibile considerare il soggetto responsabile, anche se si riscontrano profili di colpa.

L’unico appunto che può essere fatto a questa sentenza è là dove afferma che rispetto alla causalità reale si deve raggiungere una “certezza processuale”. In verità, la certezza che deve essere raggiunta è anzitutto scientifica, nel senso che deve essere la scienza a dire se un certo evento è stato cagionato da un determinato decorso. Poi in secondo luogo si pone un problema di prova del decorso, che risponderà ad esigenze di certezza processuali. Si tratta di una precisazione fondamentale, perché mentre la certezza scientifica deve essere assoluta, quella processuale, invece, presenta caratteri di “relatività”, e quindi mentre per la certezza scientifica il giudice non può che avvalersi del sapere scientifico, in ordine alla prova vengono in gioco le valutazioni proprie del ragionamento probatorio. E perché si ponga un problema di prova del decorso, è necessario che si discuta in ordine a due possibili decorsi casuali entrambi scientificamente fondati.

fonte: www.quotidianogiuridico.it//Responsabilità medica, se manca la causalità inutile affrontare la questione della colpa - Il Quotidiano Giuridico

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