mercoledì 5 agosto 2015

Discoteche, giro di vite della Cassazione sulla sicurezza

Stretta della Cassazione sui gestori delle discoteche: chi mette a rischio la sicurezza nei propri locali non può evitare la condanna penale. Lo dice il verdetto della suprema corte interpellata da un ricorso partito da Milano. La Nepentha, discoteca frequentata da personaggi famosi milanesi, era stata sequestrata dopo che per due volte i controlli avevano rilevato nel locale un numero di persone superiore alla capienza. Irregolarità erano state riscontrate anche rispetto alle uscite di sicurezza.

Una situazione che, secondo la Cassazione, non merita sconti. E così i gestori inadempienti alle norme sulla sicurezza non potranno evitare la condanna penale che speravano di scongiurare in virtù della nuova norma sulla cosiddetta "tenuità del fatto", entrata in vigore nel marzo scorso, e applicabile a tutti i reati per i quali è valutato "esiguo" il danno e per cui è prevista la sola pena pecuniaria o la pena detentiva non superiore a cinque anni. Questo provvedimento, ha sottolineato la corte, non vale quando i reati sono legati a "condotte plurime, abituali e reiterate". E alla Nepentha, a fronte di una capienza di 150 persone, erano stati trovate una prima volta 233 persone, poi 199. "In queste condizioni i locali sono vere e proprie bombe, dove possono accadere tragedie e i clienti rischiano di fare la fine dei topi", commentò la procura milanese all'epoca del sequestro.

La sentenza arriva nel pieno della bufera che sta imperversando dopo i fatti di cronaca della discoteca Cocoricò di Riccione, per la quale è stata disposta la chiusura dopo che un ragazzo di 16 anni è morto, ucciso da una overdose di ecstasy. Un episodio che sta facendo infiammare il dibattito sui controlli nei locali notturni.

Diverso il reato contestato al gestore della Nepentha che, il 17 aprile 2014, aveva subito dalla Corte d'Appello di Milano una condanna sei giorni di arresto e 70 euro di multa per aver consentito l'ingresso nel locale di più persone rispetto al limite imposto, e altri nove giorni di arresto e 105 euro di multa per l'omesso mantenimento in efficienza e in condizioni di praticabilità delle uscite di emergenza. Quest'ultimo capo di imputazione e la relativa condanna a nove giorni e 105 euro di ammenda, è stato dichiarato prescritto dalla Suprema Corte. Sulla richiesta di applicazione della legge per la tenuità del fatto, invece, i supremi giudici ricordano che questo 'beneficio' è senz'altro applicabile in Cassazione, ma per quanto riguarda il proprietario del Nephenta ne escludono la applicabilità:bastano anche solo due episodi di contravvenzione alle norme sulla sicurezza dei locali, commessi a distanza l'uno dall'altro, per escludere "la causa di estinzione dalla pena" configurando in tal modo "una espressa condizione ostativa all'ammissione al beneficio".

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