Il tribunale di Milano accerta la concorrenza sleale compiuta nei confronti di una società di informatica da parte di una concorrente, grazie al contributo di due ex-dipendenti della prima, i quali avevano trasmesso alla concorrenza alcuni dati, contenenti indicazioni commerciali della loro ditta. Di conseguenza, conferma l’inibitoria cautelare all’utilizzo dei file e condanna gli ex-dipendenti al risarcimento del danno morale in favore della società attrice.
La Corte d’appello di Milano conferma la pronuncia, ritenendo che l’invio dei file, da parte dei due dipendenti, pochi giorni prima di dimettersi e di passare alla società concorrente, integrava comportamenti professionalmente scorretti, idonei a danneggiare la società attrice (e tenuto conto della mancata prova di una possibile autorizzazione da parte di quest’ultima). Inoltre, la condanna dei due soggetti al risarcimento del danno non patrimoniale si giustifica, poiché il loro comportamento integrava i reati ex artt. 615 ter (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico) e 615 quater (detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici) c.p., per i quali erano stati condannati dal Tribunale penale di Milano, e violava il bene della concorrenza.
I due ex-dipendenti ricorrono in Cassazione, lamentando che la condanna al risarcimento del danno morale è stata ancorata ad una condanna penale, non passata in giudicato, per reati estranei alla fattispecie di concorrenza sleale contestata in sede civile. Avrebbero potuto invece essere rilevanti altri capi di imputazione penale, tra cui quello di rivelazione di segreto professionale (art. 622 c.p.) e frode informatica (art. 640 ter c.p.), da cui però i due ricorrenti risultano assolti. La Cassazione premette che a giustificare la condanna al risarcimento sarebbe bastata la violazione di un bene di rilevanza costituzionale, come quello di libertà di iniziativa economica privata: profilo neanche contestato nel ricorso.
Comunque, i giudici di legittimità (Cassazione, sentenza 13085/15) ricordano che integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, ai sensi dell’art. 615-ter c.p., la condotta di accesso o mantenimento nel sistema posta in essere da un soggetto che, anche se abilitato ad accedere al sistema, viola le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, mentre non assumono rilievo gli scopi e le finalità che hanno motivato l’accesso al sistema.
La risarcibilità del danno non patrimoniale non richiede che il fatto illecito integri in concreto un reato, essendo sufficiente che il fatto sia astrattamente previsto come tale e sia, pertanto, idoneo a ledere l’interesse tutelato dalla norma penale. Perciò, la mancanza di una pronuncia del giudice penale non costituisce impedimento all’accertamento, da parte del giudice civile, della sussistenza degli elementi costitutivi di reato. Questo motivo viene quindi rigettato dalla Corte di Cassazione.
Con un ulteriore motivo di ricorso, si sosteneva che un comportamento una tantum, come l’invio di un file, non sarebbe bastato ad integrare gli estremi della concorrenza sleale ed a provocare un danno non patrimoniale, mancando l’idoneità ad arrecare pregiudizio alla società concorrente. Gli Ermellini sottolineano che, anche se il danno non patrimoniale non può essere ritenuto in re ipsa, neanche nel caso in cui l’illecito integri gli estremi di un reato, ma va allegato e provato da chi lo invoca, è tuttavia pacifico che esso possa essere dimostrato anche attraverso presunzioni semplici e valutazioni di tipo probabilistico. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno motivato adeguatamente al riguardo, con una valutazione quindi incensurabile in sede di legittimità. Anche questo motivo di ricorso viene quindi rigettato dalla Corte di Cassazione, la quale, però, ritiene fondata la doglianza relativa alla quantificazione del danno da risarcire, operata in misura non comprensibile. Da ciò deriva il rinvio della decisione ai giudici di merito di Milano.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Sistema violato per passare dati alla società concorrente, l’ex-dipendente è costretto al risarcimento - La Stampa
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mercoledì 15 luglio 2015
Sistema violato per passare dati alla società concorrente, l’ex-dipendente è costretto al risarcimento
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