lunedì 4 maggio 2015

#Mediazione, dietrofront di Palazzo Spada: le #spese d'#avvio sono dovute

Consiglio di Stato , sez. IV, ordinanza 22.04.2015 n° 1694

Il TAR Lazio, con sentenza 23.1.2015, n. 1351, aveva, tra l’altro, sostenuto l’integrale annullamento dei commi 2 e 9 dell’art. 16 del d.m. 18 ottobre 2010, n. 180, norme che – secondo il TAR – sarebbero in contrasto con la gratuità del primo incontro del procedimento di conciliazione, previsto dalla legge laddove le parti non dichiarino la loro disponibilità ad aderire al tentativo di mediazione ex art. 8, comma 1, D.lgs. n. 28/2010.

Proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, la statuizione del TAR viene sul punto censurata e, per l’effetto viene, in via cautelare, sospesa l’esecutività della richiamata sentenza del TAR con riferimento alla questione in oggetto.

Alla luce dell’art. 17, comma 5-ter, D.lgs. 28/2010 (il quale dispone che “Nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione”) il TAR aveva dedotto un generale principio di gratuità del primo incontro di mediazione nel caso in cui le parti non dichiarino la loro disponibilità a proseguire nella mediazione.

Pertanto, con la pronuncia di primo grado, le norme del D.M. 180/2010 che dispongono la corresponsione delle spese all’organismo di mediazione prima dello svolgimento del primo incontro di mediazione erano state considerate in contrasto con tale principio e, quindi, annullate.

Si tratta, in particolare, dell’art. 16, D.M. 180/2010, commi 2 e comma 9.

Il Consiglio di Stato, invece, sostiene quanto segue:

l’uso del termine “compenso” nel richiamato art. 17, comma 5-ter D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 è manifestamente generico e improprio;

la normativa della mediazione parla invece di “indennità di mediazione”, che a sua volta si compone di (art. 16, comma 1, D.M. n. 180/2010):

a) “spese di avvio”, le quali (ex art. 16, comma 2, D.M. n. 180/2010) comprendono:

§ le “spese vive documentate”;

§ le “spese generali sostenute dall’organismo di mediazione”;

b) “spese di mediazione” (nelle quali è ricompreso a norma dell’art. 16, comma 10 “anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di mediazione”).

Ciò posto, il Collegio d’appello si sofferma sull’analisi delle “spese di avvio”.

Esse, non appaiono prima facie riconducibili alla nozione di “compenso” di cui all’art. 17, comma 5-ter, D.lgs. n. 28/2010; difatti:

spese vive documentate: è di palmare evidenza che esse non possano essere considerate quale compenso;

residue spese di avvio (dunque le “spese generali sostenute dall’organismo di mediazione” ex art. 16, comma 2, D.M. n. 180/2010): non possano essere considerate quale compenso in quanto, quantificate in misura forfettaria, sono “configurate quale onere connesso all’accesso a un servizio obbligatorio ex lege per tutti i consociati che intendano accedere alla giustizia in determinate materie” (come confermato, illustra il Consiglio di Stato dal riconoscimento in capo alle parti, ex art. 20, D.lgs. n. 28/2010, “di un credito di imposta commisurato all’entità della somma versata e dovuto – ancorché in misura ridotta – anche in caso di esito negativo del procedimento di mediazione”).

In conclusione, dunque, viene in via cautelare sospesa l’esecutività della sentenza n. 1351/2015 del TAR Lazio con particolare riferimento alla questione dell’esclusione del rimborso delle spese di avvio del procedimento di mediazione, come sopra identificate (nelle due voci delle “spese vive documentate” e delle “spese generali sostenute dall’organismo di mediazione”), che quindi l’organismo può, nei limiti di legge, richiedere alle parti anche prima dello svolgimento del primo incontro di mediazione).

fonte: www.altalex.com//Mediazione, dietrofront di Palazzo Spada: le spese d'avvio sono dovute

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