La Corte d’appello de L’Aquila conferma la sentenza del giudice che condannava l’imputato per il reato di omesso versamento di contributi previdenziali sulle retribuzioni dei propri lavoratori dipendenti. L'imputato ricorre in Cassazione lamentando la mancata produzione in giudizio dei modelli DM10 da parte dell’INPS che aveva invece fornito prospetti riepilogativi non determinanti per l’attestazione dell’omesso versamento, neppure a titolo indiziario.
Il ricorrente solleva dubbi su natura ed efficacia probatoria del modello DM 10 che sarebbe un «documento elettronico con cui il datore di lavoro invia un prospetto, in cui riepiloga l’importo delle retribuzioni mensili dei dipendenti» e non potrebbe dunque, a detta del ricorrente, rappresentare una prova diretta circa l’effettiva corresponsione dei contributi previdenziali ai dipendenti, dovendo tale documento considerarsi come una mera ricognizione di debito e non come un’attestazione di avvenuto pagamento. Allo stesso modo, la busta paga, continua il ricorrente, non costituirebbe la prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione, posto che la sottoscrizione da parte del datore di lavoro costituisce solo una presunzione di pagamento. Le prospettazioni difensive del ricorrente sono manifestamene infondate.
Se è vero che la giurisprudenza individua l’elemento costitutivo del reato ascritto all’imputato nell’assenza materiale dell’esborso delle somme dovute al dipendente a titolo di contributi, è stato comunque precisato che la prova dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni può essere tratta dei modelli che attestano l’ammontare delle retribuzioni dovute ai dipendenti e i conseguenti obblighi contributivi nei confronti dell’INPS.
I c.d. modelli DM 10 hanno dunque pacifica natura ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e la loro presentazione equivale all’attestazione di aver corrisposto le retribuzioni ivi risultanti. Nel caso, i prospetti riepilogativi prodotti in giudizio dall’istituto previdenziale riportano i saldi risultanti dai mod. DM 10 precedentemente inviati dal datore di lavoro, trattandosi difatti di comunicazioni che normalmente l’INPS invia alle aziende dopo aver ricevuto, per via telematica dai datori di lavoro tramite PIN personale, i mod. DM 10/2.
I giudici di merito hanno ritenuto giustamente che la produzione in giudizio dell’attestazione telematica da parte dell’istituto dell’avvenuta ricezione dei modelli summenzionati attesta, salvo prova contraria, l’effettiva presentazione degli stessi traendone dunque la prova della corresponsione delle retribuzioni. Coerentemente con quanto affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità, la Corte territoriale ha escluso che ci sia un’inversione dell’onere della prova a carico dell’imputato, evidenziando che la prova del versamento delle retribuzioni può essere dedotta dalla presentazione dei modelli, ferma restando la possibilità per l’imputato di fornire prova contraria. Per questi motivi, la Cassazione (sentenza 21619/15) dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /L’INPS può provare l’omesso versamento dei contributi sulla base dei modelli presentati dal datore di lavoro - La Stampa
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giovedì 28 maggio 2015
L’INPS può provare l’omesso versamento dei contributi sulla base dei modelli presentati dal datore di lavoro
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