Fermato, sottoposto ad etilometro e prontamente sanzionato, visti i risultati dei due ‘accertamenti’, che hanno accertato un tasso alcolemico pari a 1,97 grammi per litro, prima, e a 2,23 grammi per litro, poi. Tutto regolare, ma a sorprendere è che l’uomo, all’epoca del controllo, non fosse alla guida di un’automobile, bensì della propria bicicletta. Tale particolare, però, non modifica, né alleggerisce, le accuse: legittima, e definitiva, quindi, la condanna a quasi tre mesi di reclusione (Cassazione, sentenza 4893/15).
Linea di pensiero comune per i giudici di merito: nessun dubbio, difatti, viene espresso sulla gravità della condotta addebitata all’uomo, beccato ubriaco alla guida della «propria bicicletta». Conseguenziale è la condanna, acclarato il «reato di guida in stato di ebbrezza alcolica», a «due mesi e venti giorni di reclusione» e «800 euro di ammenda». Fortissime, però, le contestazioni mosse dall’uomo per la decisione della Corte d’Appello, identica a quella pronunciata in Tribunale: così, egli, col ricorso in Cassazione, sostiene la non «applicabilità della disciplina sanzionatoria, riferita al reato di guida in stato di ebbrezza, anche in relazione all’uso di veicoli non motorizzati». E, poi, a dare sostanza alla propria difesa l’uomo parla di «inoffensività» della sua «condotta», anche alla luce della situazione di emergenza che, afferma, si era trovato ad affrontare, ossia una terribile «cefalea ‘a grappolo’», e che lo aveva spinto a «recarsi con urgenza presso la propria abitazione».
Di fronte alle critiche mosse dall’uomo verso la condanna, i giudici del ‘Palazzaccio’ prendono posizione in maniera netta, ribadendo che «il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità del mezzo usato a interferire sulle generali condizioni di regolarità e» soprattutto «di sicurezza della circolazione stradale». Allo stesso tempo, però, viene anche chiarito che è risibile la tesi difensiva della presunta «inoffensività della condotta» addebitata all’uomo. Ciò perché è lapalissiana «l’idoneità della conduzione di una bicicletta in condizioni di ebbrezza alcolica» a «interferire con il regolare e sicuro andamento della circolazione stradale, con la conseguente creazione di un obiettivo e concreto pericolo per la sicurezza e l’integrità del pubblico degli utenti della strada». Meglio, infine, stendere un velo pietoso, secondo i giudici, sulla davvero ipotetica «necessità» dell’uomo di correre a casa... Quadro chiarissimo, quindi, e conclusioni inevitabili: legittima e confermata, in via definitiva, la condanna, per il ciclista ubriaco, a «due mesi e venti giorni di arresto» e al pagamento di «800 euro di multa».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Prima i fumi dell’alcool, poi la sella della bici: condannato
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venerdì 27 febbraio 2015
Prima i fumi dell’alcool, poi la sella della bici: condannato
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