Il giudice delegato al fallimento di due coniugi rigettava l’istanza della donna volta ad ottenere, per il periodo successivo alla morte del marito, la corresponsione della somma corrispondente alla quota della pensione di cui era stato autorizzato il pagamento all’uomo.
Il tribunale confermava la decisione, rilevando che la pretesa non era un diritto, che l’attivo del fallimento non poteva essere depauperato e che non sussisteva lo stato di bisogno della fallita, considerando le esigenze del nucleo familiare ed il fatto che la donna disponeva di un trattamento di quiescenza di cui era stata autorizzata la corresponsione. Così, la donna ricorreva in Cassazione, poiché i provvedimenti che avevano determinato le quote di stipendi e pensioni attribuite ai coniugi erano stati emessi nell’interesse non loro personale, ma della famiglia ed in quanto era irrilevante l’eventuale riduzione delle aspettative di soddisfacimento dei creditori.
La Suprema Corte (sentenza 2658/15) afferma che il provvedimento con cui il giudice delegato determina i limiti entro cui sono esclusi dal fallimento gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, le pensioni, i salari, nonché ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia, ha carattere dichiarativo, essendo destinato ad individuare i limiti quantitativi di un diritto del fallito che ad esso preesiste. Questo decreto, pur tenendo presenti le necessità della famiglia del fallito, dichiara i limiti di un diritto che appartiene solamente a lui. Perciò, in caso di corresponsione di pensione, il diritto si estingue con la morte del fallito, per la conseguente cessazione del rapporto pensionistico di cui lo stesso era titolare, senza che si possa prospettare un trasferimento del diritto in favore del coniuge sotto forma di pensione di reversibilità, il cui trattamento costituisce oggetto di un autonomo diritto, anche se con presupposti derivanti dal rapporto pensionistico del coniuge deceduto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Pensione al fallito, la sua morte non trasferisce il diritto al coniuge
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giovedì 26 febbraio 2015
Pensione al fallito, la sua morte non trasferisce il diritto al coniuge
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
Dal 2018 l’Avv. Emiliano Mancino aderisce al progetto Difesa Legittima Sicura, una rete di professionisti sul territorio nazionale che dà tutela legale a chiunque sia vittima di violenza.
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