martedì 3 febbraio 2015

Computer e passeggiate, ma l’uomo soffre di deficit mnemonico e caos topografico: legittimo l’‘accompagnamento’

Si rivela fragile la tesi secondo cui l’uomo è, comunque, in grado di affrontare in autonomia la vita. Certo, egli dichiara di utilizzare il computer a casa, e di recarsi dal giornalaio di fiducia e all’ufficio postale, ma i problemi a livello mnemonico e il disorientamento topografico rendono impossibile vivere senza l’assistenza di una persona (Cassazione, ordinanza 546/15)

Il caso

Vita assolutamente regolare, almeno in apparenza... Perché l’uomo, protagonista – malvolentieri – della vicenda, può svolgere in autonomia le comuni attività domestiche e muoversi tranquillamente, fuori dalla propria abitazione, per raggiungere i suoi punti di riferimento, come ufficio postale e giornalaio. Eppure, allo stesso tempo, egli, a seguito di un grave trauma commotivo, soffre di un grave deficit mnemonico e di un forte disorientamento topografico.

Così, di fronte alla constatazione di tale confusione spazio-temporale, le sembianze di una vita normale crollano miseramente. E ciò rende logico, e corretto, il riconoscimento, a favore dell’uomo, della indennità di accompagnamento. Sconfitta, sia in primo che in secondo grado, per l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, che, per i giudici di merito, deve provvedere al «pagamento dell’indennità di accompagnamento» riconosciuta a un uomo, alla luce delle sue precarie condizioni psico-fisiche. Più precisamente, è stata accertata nell’uomo una «condizione di deficit mnemonico e disorientamento topografico, oltre a rallentamento ideativo e della fluenza verbale».

Tutto ciò – conseguenza di un «grave trauma commotivo» –, peraltro, ha «impedito» all’uomo «di conservare il posto di lavoro». Secondo i legali dell’Istituto, le precarie condizioni fisiche dell’uomo sono state male interpretate. Egli stesso, difatti, ha dichiarato di «essere in grado di compiere tratti a piedi per recarsi all’ufficio postale e dal giornalaio» e di impiegare parte «del proprio tempo davanti al computer» che ha a casa. Di conseguenza si può parlare di «riduzione della capacità lavorativa o, anche, di impossibilità di lavorare», ma non certo di «necessità di assistenza continua» da parte di terze persone. Ma questa visione, fondata sulla sottile differenza tra «mera difficoltà» e «impossibilità» di «attendere agli atti quotidiani della vita», viene ritenuta non corretta dai giudici della Cassazione.

Consequenziale, quindi, è, col rigetto del ricorso, la conferma della «indennità di accompagnamento» a favore dell’uomo. Decisiva, nell’ottica adottata dai giudici, la considerazione che «la capacità di attendere in autonomia agli atti quotidiani della vita non deve parametrarsi sul numero degli elementari atti giornalieri, ma soprattutto sulle loro ricadute», come «l’incidenza sulla salute del malato» e «la salvaguardia della sua dignità come persona». Detto in maniera ancora più chiara, per la attribuzione della «indennità di accompagnamento», sanciscono i giudici, «la nozione di incapacità a compiere gli atti quotidiani della vita» comprende anche quella persona che «pur potendo spostarsi nell’ambito domestico e fuori, non sia, per la natura della malattia, in grado di provvedere alla propria persona o ai bisogni della vita quotidiana, ossia non possa sopravvivere senza l’aiuto costante del prossimo».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it/La Stampa - Computer e passeggiate, ma l’uomo soffre di deficit mnemonico e caos topografico: legittimo l’‘accompagnamento’

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