Nel reato di stalking, per alterazione delle proprie condizioni di vita si intende ogni mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione della vita quotidiana, indotto nella vittima dalla condotta persecutoria altrui e finalizzato ad evitare l’ingerenza nella propria vita privata del molestatore. E’ quanto affermato dalla Cassazione nella sentenza 33196/14.
Il caso
Un imputato per il reato di atti persecutori veniva condannato dalla Corte d’appello di Bari. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando l’affermata responsabilità anche per fatti commessi anteriormente all’introduzione dell’art. 612-bis c.p., che disciplina tale reato, nell’ordinamento penale. Inoltre, veniva lamentato un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza del reato.
Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il reato in questione, introdotto dal d.l. n. 11/2009 (convertito in l. n. 38/2009), è un delitto abituale di evento ed è configurabile quando il comportamento minaccioso o molesto di qualcuno, mediante condotte reiterate, abbia causato un grave e perdurante stato di turbamento emotivo nella vittima, oppure abbia creato un timore fondato per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, oppure ancora di una persona a lei legata da una relazione affettiva. Altra ipotesi che rientra nella fattispecie di reato è il cambiamento forzato delle proprie abitudini di vita.
La reiterazione è un elemento costitutivo del reato ed è integrato anche da due sole condotte di minaccia o di molestia. Nel caso di specie, le condotte imputate al ricorrente riguardavano delle denunce presentate nel novembre 2009, quindi dopo l’entrata in vigore della norma. Inoltre, il reato di stalking è un reato che prevede degli eventi alternativi, ciascuno idoneo ad integrare la fattispecie.
I giudici di legittimità specificavano, poi, che per alterazione delle proprie condizioni di vita si intende ogni mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione della vita quotidiana, indotto nella vittima dalla condotta persecutoria altrui e finalizzato ad evitare l’ingerenza nella propria vita privata del molestatore.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, è sufficiente il dolo generico, cioè la volontà di porre in essere le condotte di minaccia o di molestia, con la consapevolezza dell’idoneità di esse alla produzione di uno degli eventi sanzionati dalla norma codicistica. Non è necessaria, invece, una rappresentazione anticipata del risultato finale: basta, infatti, proprio la consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi, nonché dell’apporto arrecato da essi all’interesse protetto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Stalking: la routine quotidiana non può essere influenzata da altri
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venerdì 24 ottobre 2014
Stalking: la routine quotidiana non può essere influenzata da altri
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