Poco importa se il “sovrano assoluto” della S.p.A. era il marito, che la gestiva come “un’azienda familiare”, risponde di bancarotta impropria da reato societario anche la moglie, in qualità di componente del CDA. Anche a lei, che firmava il bilancio, il verbale del consiglio e la relazione sulla situazione patrimoniale ex art. 2447 c.c., è addebitato di aver esposto fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica della società, così cagionandone il dissesto oltre ad indurre in errore i creditori. Questo quanto si evince dalla sentenza del 9 ottobre scorso, n. 42257, con cui la Cassazione conferma la condanna della moglie, già emessa in Appello.
A convincere i Giudici di merito della consapevolezza dell’imputata, in ordine a falsificazioni e dissesto, il ruolo svolto dalla stessa nella gestione operativa della società che le consentiva, inoltre, di conoscere il fatturato e il flusso di cassa. Ma non solo. Anche le operazioni riguardanti la sfera economico-familiare: come la cd. sede di rappresentanza, “favolosamente ristrutturata e abbellita”, che altro non era se non l’abitazione di famiglia; la vicenda, coinvolgente la madre, dell’aumento di capitale; le fatturazioni a favore di imprese proprie o di parenti e affini. Tutti elementi, alcuni emergenti dagli stessi verbali del CDA, che dimostrano la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Gli Ermellini, ritenuta la motivazione d’appello immune da vizi, chiariscono che in tema di bancarotta impropria da reato, il dolo presuppone una volontà tesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità d’insolvenza, bensì quale “consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio”. Tanto più che, per consolidata giurisprudenza, il componente del CdA risponde del concorso nella bancarotta, per mancato impedimento del reato, anche quando sia consapevolmente venuto meno al dovere di acquisire tutte le informazioni necessarie a espletare il suo mandato. Rigettato il ricorso dell’imputata agli effetti civili, la Cassazione ha comunque dovuto annullare la sentenza di merito per l’estinzione del reato.
Fonte: Fiscopiù - Giuffrè per i Commercialisti - www.fiscopiu.it/La Stampa - Risponde della bancarotta anche se il “sovrano” dell’azienda è il marito
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lunedì 13 ottobre 2014
Risponde della bancarotta anche se il “sovrano” dell’azienda è il marito
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
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