Le persone imputate di reato reciproco possono assumere l’ufficio di testimone nel procedimento connesso o collegato purché vengano rispettate le garanzie previste per la testimonianza assistita ex art. 210 c.p.p.. E’ stato così deciso dalla Cassazione nella sentenza 26016/14.
Il caso
La Corte d’appello di Palermo condannava, in riforma della sentenza di primo grado, il ricorrente, al risarcimento del danno per il reato di lesioni colpose, posto in essere nei confronti della moglie. Mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto insufficiente il materiale probatorio e non attendibili le dichiarazioni resa dalla persona offesa, i Giudici territoriali avevano escluso la tesi dell’imputato secondo cui la donna si sarebbe auto-inferta le lesioni, poi riscontrate in sede di pronto soccorso. Aveva tratto tali conclusioni poiché l’uomo aveva dato luogo all’apertura di un procedimento penale per calunnia a carico della moglie, che poi però era stato archiviato.
Il soccombente adiva, quindi, la Cassazione, lamentando che la credibilità della persona offesa non era stata valutata con il necessario rigore e la mancata assunzione di una prova decisiva. La difesa, infatti, censura il rifiuto, del Giudice di secondo grado, di acquisire un documento fondamentale per provare le parzialità delle accuse. In particolare, non era stata valutato il certificato medico che l’imputato si era fatto rilasciare in ordine alle percosse subite ad opera della moglie, la stessa sera delle presunte lesioni. Inoltre, lamentava la mancata assunzione nel processo del certificato attestante che la persona offesa era indagata in tre procedimenti penali connessi e collegati al caso in esame.
La pendenza di tali procedimenti avrebbe dovuto comportare l’escussione della moglie non quale semplice teste, ma quale persona sottoposta ad indagini in relazione allo stesso fatto e a fatti connessi. La Cassazione accoglie il ricorso, riconoscendo il rilievo della mancata acquisizione dei documenti elencati dalla difesa. Alcuni appaiono necessari per chiarire il grado e la qualità dello stato di conflittualità fra le parti, per evidenziare eventuali interessi ritorsivi della persona offesa, atteso che, se è vero che la conflittualità non possa costituire prova dell’innocenza o della colpevolezza dell’imputato, costituisce comunque un fondamentale indicatore per la completezza del giudizio sulla credibilità soggettiva del dichiarante.
Il Collegio, nell’affrontare la questione in esame, ricorda il principio secondo cui il soggetto che riveste la qualità di imputato in procedimento connesso o collegato probatoriamente, anche se persona offesa del reato, deve essere assunto nel procedimento relativo al reato connesso o collegato con le forme previste per la testimonianza assistita (Cass., S.U., n. 12067/2009). Riporta, infine, anche l’orientamento giurisprudenziale a Sezioni semplici, che ritiene inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona offesa, nei cui confronti penda procedimento per altro reato commesso nelle stesse circostanze di tempo e di luogo ai danni dell’imputato, che sia stata sentita quale testimone senza l’osservanza delle garanzie del testimone assistito (Cass., n. 599/2008). Nel caso di specie, la Corte rileva che le garanzie della testimonianza assistita non erano state prese e decide quindi di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Persona offesa imputata per un reato ‘reciproco’: è testimone assistito
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lunedì 1 settembre 2014
Persona offesa imputata per un reato ‘reciproco’: è testimone assistito
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