«È colposa e contraria a buona fede la condotta del medico che sottopone il paziente ad intervento, nel caso un trattamento di ossigeno-ozonoterapia, presso struttura sanitaria inadeguata, senza dare avviso di tale situazione e omettendo di indirizzarlo ad altra struttura idonea». La Cassazione pone l’accento sui trattamenti estetici approcciati con leggerezza sia dalle pazienti sia dai sanitari e rimarca le responsabilità della struttura e di chi li effettua.
La pronuncia riguarda il caso di una donna friulana che si era sottoposta nel 1992 ad un trattamento anticellulite in conseguenza del quale aveva subito un’embolia polmonare e un arresto cardiocircolatorio. Al momento di effettuare il trattamento, la donna aveva concordato a voce, con la dottoressa che doveva eseguirlo, un intervento aggiuntivo rispetto all’elettroliposi pattuita e per la quale aveva firmato un contratto con il centro presso il quale si era recata, un semplice laboratorio di analisi.
Quell’ossigeno-ozonoterapia che doveva dare risultati migliori però ha rischiato di esserle fatale. La donna, che all’epoca aveva 45 anni, ha quindi portato in tribunale sia la struttura sanitaria sia il medico che aveva eseguito l’intervento - una dottoressa che tra l’altro non era legata al centro da un rapporto di lavoro dipendente - per esser risarcita del danno. I giudici di merito hanno accertato che l’embolia fosse da ascriversi all’intervento che, anche se «routinario» e «di facile esecuzione», era stato «né congruo né adeguato» ed effettuato «nonostante la controindicazione» di un intervento chirurgico all’utero subito dalla paziente appena dieci giorni prima.
Il tribunale aveva inizialmente imputato le responsabilità sia al laboratorio sia al medico; la Corte d’Appello di Trieste, nel 2007, aveva invece esonerato dalle colpe la dottoressa, condannando il solo centro a pagare i danni.
La Cassazione (sentenza numero 18304 della terza sezione civile) attribuisce, invece, la responsabilità sia al centro sia al medico. Spiega che «la struttura sanitaria è direttamente responsabile quando l’evento dannoso risulti posto in essere - anche a sua insaputa - dal medico della cui attività si è avvalsa», pure se questi effettua «un intervento di tipo diverso (nel caso il trattamento di ossigeno-ozonoterapia) rispetto a quello originariamente pattuito». La responsabilità della dottoressa sta invece «nell’obiettiva violazione degli aspetti di diligenza, prudenza e perizia», oltretutto avendo effettuando il trattamento estetico «presso un laboratorio di analisi, con dotazioni tecniche ed organizzative rivelatisi all’uopo carenti ed inadeguate». Il professionista - rimarca la Corte - deve «valutare con prudenza e scrupolo i limiti della propria adeguatezza professionale», ricorrendo magari ad un «consulto», e deve «informare il paziente» nei casi di «carenze strutturali e organizzative»: alla violazione di questi obblighi conseguono profili di responsabilità” per eventuali «falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati» nel paziente.
(Fonte: Ansa) /La Stampa - Cassazione: trattamenti estetici senza informazione, sì ai danni
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lunedì 1 settembre 2014
Cassazione: trattamenti estetici senza informazione, sì ai danni
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