E’ estorsione se la condotta è posta in essere con minaccia e violenza e se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera dell’agente o di altri soggetti. E' invece truffa aggravata se la condotta è posta in essere con artifizi e raggiri e se il male viene ventilato come possibile ed eventuale. Lo afferma la Cassazione nella sentenza 27996/14.
Il caso
Un uomo, fingendo di essere incaricato dell’ente esattore, si era presentato dal debitore, nei cui confronti pendeva procedura esecutiva, minacciandolo di dover procedere al sequestro di beni, se non avesse provveduto immediatamente al pagamento di una determinata somma. L’uomo veniva condannato dai Giudici di primo e secondo grado per estorsione, ai sensi dell’art. 629 c.p..
Il soccombente ricorreva allora in Cassazione deducendo violazione di legge, sostenendo la ricorrenza del reato di truffa aggravata nella condotta contestata a titolo di estorsione. La Cassazione si è espressa riportando gli ormai consolidati orientamenti che stabiliscono i diversi presupposti di truffa ed estorsione. Nel dettaglio, ricorda che la differenza tra i due delitti richiamati consiste nel diverso modo in cui viene prospettato il danno: nella truffa aggravata il danno non viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall’imputato; nell’estorsione il danno è configurabile come certo e sicuro, enfatizzato dalla violenza o della minaccia.
Perciò, con la truffa la persona offesa non è coartata nella sua volontà, ma si determina perché tratta in errore dall’esposizione di un pericolo inesistente. Mentre, con l’estorsione, la parte offesa è indotta in errore in quanto minacciata. Bisogna valutare la concretezza della minaccia. La Corte aggiunge che, nell’estorsione, l’offeso è posto nell’ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato. Nel caso di specie, l’imputato, minacciando il sequestro di alcuni beni della persona offesa, se non avesse provveduto all’immediato pagamento del debito, voleva indurre il debitore al versamento immediato di un somma, anche minore rispetto a quella richiesta.
Non vi è dubbio, secondo la Corte, che la condotta posta in essere dal finto esattore sia riferibile all’estorsione e non alla truffa aggravata dalla prospettazione di un pericolo non reale. Il timore, del pericolo di un male, deriva infatti dalla minaccia dell’imputato e non dall’inganno. Anche perché, come affermato dal Collegio, qui non rileva la differenza tra minaccia e raggiro con minaccia. Difatti, quando il livello di concretezza della minaccia assume contorni consistenti, viene superato l’ambito concettuale della truffa con integrazione del più grave reato di estorsione. Per tali motivi la Corte rigetta il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Finto esattore minaccia il debitore: non è truffa aggravata
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martedì 16 settembre 2014
Finto esattore minaccia il debitore: non è truffa aggravata
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