La presenza, nella famiglia del portatore di handicap in situazione di gravità, di parenti o affini di primo e secondo grado che siano nelle condizioni di assisterlo, incide – e se sì, come - sulla possibilità dei parenti o affini entro il terzo grado, prevista dall’art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992, di fruire dei permessi retribuiti ivi disciplinati quando il coniuge e/o i genitori del portatore di handicap si trovino in una delle specifiche condizioni indicate dalla norma (ovverosia quando abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti)? Il quesito è stato posto al Ministero del Lavoroche, nell’Interpello n. 19 del 26 giugno 2014, ha risposto in senso negativo.
Richiamando in prima battuta il testo del citato art. 33, comma 3, nella formulazione introdotta dall’art. 24, Legge n. 183/2010 (secondo cui “il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”), il Ministero ha rilevato che la norma consente ai parenti e affini entro il terzo grado del portatore di handicap di fruire dei suddetti permessi alla sola condizione che il coniuge e/o uno dei genitori sia impossibilitato a farlo per le ragioni espressamente indicate, “a nulla rilevando, invece, in quanto non richiesto, il riscontro della presenza nell’ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado”.
Nell’interpello in esame, inoltre, si precisa che il parente o affine entro il terzo grado può fruire dei permessi in argomento anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano a uno solo dei soggetti menzionati dalla norma (il coniuge o uno dei genitori): secondo la Circolare n. 13/2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica, infatti, il legislatore ha utilizzato la preposizione disgiuntiva per indicare alternativamente le condizioni che consentono l’estensione ai parenti o affini entro il terzo grado del diritto ai permessi. Pertanto, conclude il Ministero, per consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado, deve essere dimostrata esclusivamente la circostanza che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla medesima norma, a nulla rilevando invece, in quanto non richiesto, il riscontro della presenza nell’ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado in grado di assisterlo.
Fonte: Fiscopiù.it/La Stampa - Permessi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap, i chiarimenti del Ministero del Lavoro
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giovedì 3 luglio 2014
Permessi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap, i chiarimenti del Ministero del Lavoro
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