La durata eccedente un anno del ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali rende ingiustificabile la condotta del magistrato, a meno che non sia stata determinata da circostanze assolutamente eccezionali, giustificanti l’inottemperanza al precetto normativo, di cui al d.lgs. n. 109/2006. In particolare, non è consentito al giudice civile, anche se particolarmente oberato da carichi di lavoro, effettuare la scelta di assumere in decisione un numero di cause eccedente la possibilità di far fronte ai relativi depositi entro termini ragionevoli. Lo afferma la Cassazione nella sentenza 9250/14.
Il caso
La sezione disciplinare del CSM condannava un giudice alla sanzione della censura, per aver depositato numerose sentenze con ritardi eccedenti il triplo del termine di legge, in violazione dell’art. 2, comma 1, lettera q), d.lgs. n. 109/2006 (illeciti disciplinari dei magistrati). Non veniva, quindi, accolta, la giustificazione difensiva, in cui si adduceva la gravosità dei compiti assegnati e la circostanza di aver dovuto assistere la madre durante una grave malattia, che l’aveva portata alla morte. Per il CSM, tale malattia non poteva essere considerata un evento eccezionale scriminante, anche perché i numerosi e gravi ritardi erano avvenuti altresì dopo la morte della madre. Il giudice ricorreva in Cassazione, contestando l’esclusione della sussistenza di eccezionali ragioni che avrebbero determinato il suo comportamento. Inoltre, obiettava che le conseguenze dei ritardi accumulati inevitabilmente si erano protratte oltre la data del decesso, in quanto bisognava tener conto del tempo occorrente per il relativo graduale recupero. Analizzando la domanda, le Sezioni Unite della Cassazione rilevavano che la durata eccedente un anno, come nel caso di specie, del ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali rende ingiustificabile la condotta del magistrato, a meno che non sia stata determinata da circostanze assolutamente eccezionali, giustificanti l’inottemperanza al precetto normativo. In particolare, non è consentito al giudice civile, anche se particolarmente oberato da carichi di lavoro, effettuare la scelta di assumere in decisione un numero di cause eccedente la possibilità di far fronte ai relativi depositi entro termini ragionevoli. Secondo i giudici disciplinari, era da escludersi che gli impegni di lavoro del magistrato sanzionato fossero connotati da eccezionale gravosità rispetto a quello di altri colleghi. Inoltre, nel ricorso non veniva addotto nessun particolare dato comparativo, né alcun dato statistico, che potessero consentire un raffronto da cui desumere l’eventuale scarsa significatività dei depositi con ritardo eccedente il triplo dei termini di legge rispetto a quelli puntuali. Dall’altra parte, l’infermità della madre non poteva considerarsi una circostanza assolutamente eccezionale, che potesse giustificare i ritardi. La grave malattia o lo stato di vecchiaia invalidante di un prossimo ascendente costituiscono evenienze normali, da attendersi «quali tappe obbligate della vita in particolari stagioni della stessa», la cui sopravvenienza, tuttavia, ove riguardi un magistrato, non può consentirgli di anteporre l’adempimento dei propri doveri morali e di solidarietà familiare rispetto a quello dei compiti istituzionali. Di conseguenza, i ritardi nel deposito dei provvedimenti, che superino i limiti di tollerabilità e ragionevolezza, integrano gli estremi del provvedimento disciplinare per violazione del dovere di diligenza, anche nei casi di accertata laboriosità del magistrato e di sussistenza di ragioni all’ambiente di lavoro. In caso di esigenze di assistenza familiare, queste non possono ostacolare il buon funzionamento del servizio giustizia e lasciano aperte, per il magistrato che non sia in grado di svolgere il proprio lavoro, le vie consentite dall’ordinamento giudiziario per potersi assentare temporaneamente dal servizio, come, ad esempio, i congedi straordinari e le aspettative per motivi familiari. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - L’assistenza familiare non ostacola il deposito delle sentenze
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sabato 21 giugno 2014
L’assistenza familiare non ostacola il deposito delle sentenze
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