Il caso
Un trentenne chiama alcune donne, spacciandosi per ginecologo. Si dice a conoscenza di accertamenti medici da queste effettuati o in procinto di effettuare. Rappresentando situazioni di urgenza o di opportunità, le sollecita a compiere su loro stesse atti di autoerotismo giustificati da finalità mediche, oppure a fotografare la loro zona genitale e trasmetterne l’esito via e-mail. Già agli arresti domiciliari per fatti analoghi, necessaria la carcerazione preventiva. Scatta l’indagine per violenze sessuali. Parte delle condotte illecite sono state poste in essere durante il periodo di custodia domiciliare applicata da altro giudice pr fatti analoghi. Il GIP ed il Tribunale del Riesame ritengono, in maniera concorde, che sia necessaria la misura del carcere preventivo, in attesa di sentenza. L’uomo ricorre per cassazione, sostenendo che sarebbe stato fatto un ricorso errato al concetto di soddisfacimento della propria libido sessuale, che non sarebbe configurabile il reato di violenza nel momento in cui non c’è stato alcun contatto fisico e che non ci sarebbero pertanto le supposte esigenze cautelari. La Suprema Corte ricorda di aver già chiarito, con la sentenza n. 11958/2011, che «l’induzione della vittima a commettere atti sessuali su di sé da parte dell’agente, induzione che mira a soddisfare il desiderio sessuale dello stesso, integra gli estremi del reato previsto dall’art. 609-bis c.p.», che appunto punisce chiunque costringa qualcun altro a compiere o subire atti sessuali «con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità». Per integrare tale fattispecie di reato non è dunque necessario che avvengano dei contatti fisici. Tale reato sussiste «anche quando la condotta tipica e l’offesa al bene protetto siano poste in essere per finalità diverse, quali la volontà di umiliare la persona o di porre in essere una vendetta, senza che venga coinvolta la sfera sessuale dell’agente». Dai fatti emerge chiaramente «una specifica e morbosa attenzione alla sfera sessuale delle donne coinvolte», cosicchè si può escludere che possa configurarsi il mero reato di molestie ex art. 660 c.p.. Le esigenze cautelari sussistono, vista i gravi indizi di reato. E’ vero che la misura cautelare potrebbe essere eseguita «in un luogo ove possa essere seguito e assistito», ma non essendoci alcuna indicazione a tal proposito da parte del ricorrente e vista l’incapacità dei genitori, con cui vive, di influenzare in alcun modo la condotta contra legem del figlio, corretta risulta la carcerazione preventiva. Per queste ragioni la Corte di Cassazione respinge il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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