lunedì 23 settembre 2013

No all’assegnazione della casa coniugale anche se l'indipendenza economica della figlia è solo potenziale

Cassazione Civile Sezione 1° Nr. 21334 del 18 settembre 2013

Con la pronuncia in commento, i Giudici del Supremo Collegio hanno riaffermato un principio già statuito con precedenti sentenze  ma, nel condividere il dictum del giudice del merito, in questo caso sono stati posti sotto attenzione due concetti estremamente importanti, quale quello della valutazione degli elementi necessari per definire la “autosufficienza”, in capo alla prole maggiorenne e quello della cosidetta “assegnazione” della casa familiare.

È evidente, infatti, che proprio l’attualità del periodo economico che sta attraversando il nostro contesto sociale, fa si che ogni elemento di chiarezza, offerto in tema di determinazione della sussistenza o meno, o del peso di un onere economico, sia  atteso in modo particolare.

La Sentenza 21334/13 pur calandosi nel novero delle numerose sentenze che hanno trattato dell’argomento dell’autosufficienza economica della prole (come elemento la cui esistenza fa venir meno il fondamento dell’onere dell’assegno di mantenimento separativo o divorzile) offre al lettore interessanti spunti di analisi laddove, perviene a completare la portata dei due diversi principi, analizzando gli elementi richiesti sia per l’autosufficienza della prole che per la “assegnazione della casa coniugale”.

In merito alla questione del mantenimento della prole, si deve ribadire l’esistenza di numerose specifiche pronuncie, tra le quali ultime non possiamo non ricordare le Sentenze Cassazione 2 civile 12477 del 2004, Cassazione 1 civile 23590/10 e Cassazione 1° 14767/11; tutte queste infatti consentono di affermare come, una volta che il figlio abbia raggiunta l’autonomia economica, anche se per un breve periodo, l’onere della corresponsione dell’assegno, disposto in suo favore nei casi di separazione o divorzio, cessi e di conseguenza sia percorribile, con immediatezza, la via della richiesta della modifica, solo ottenuta la quale l’onerato, in concreto, potrà ritenersi sciolto dall’obbligo.

La giurisprudenza è infatti ormai concorde nell’individuare come momento dello spirare dei presupposti dell’onere al mantenimento, quello “dell’acquisizione in capo al figlio di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato” è evidente, per altro, come sia interesse e dovere dell’onerato, prima di cessare dal pagamento, ottenere una diversa ed “attuale pronuncia” a modifica della precedente.

L’elemento di approfondimento offerto dalla Sentenza in commento è costituito dalla condivisione della validità del ragionamento posto in essere dalla Corte di merito, che ha individuato nella semplice esistenza di “sicure potenzialità reddituali” in capo al figlio, l’elemento cardine, esistendo il quale, poter affermare il successivo e collegato principio della “autosufficienza economica” .

Nel caso de quo, infatti la figlia “convivente con la madre” aveva “svolto pratica professionale presso uno studio commerciale” ed  in conseguenza di ciò, la Cassazione, ha considerato corretto ed immune da vizi il ragionamento della Corte di merito che aveva tratto, da una tale specifica forma di occupazione, il convincimento del possesso, in capo alla “figlia”, di “sicure potenzialità reddituali”.

Tale specifico convincimento, pur se legato ad un’attività di “pratica professionale”  si può infatti considerare in armonia con i principi più volte affermati, in questa materia, da altre Sentenze che escludono la “riviviscenza” dell’obbligo al mantenimento ove, successivamente, il figlio sia costretto a cessare la propria atttività lavorativa, in quanto “le circostanze ulteriori se pur determinano l’effetto di rendere (il figlio) privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento di cui presupposti siano già venuti meno” (Cass. 12477/04 e 23590/10).

L’affermata “autosufficenza” in capo alla prole maggiorenne, ha avuto come diretta conseguenza, nel caso in discussione, quella  dell’inapplicabilità del diritto alla “assegnazione della casa familiare” in capo al genitore, pur se convivente con la prole.

Ed è quello dell’assegnazione della casa coniugale, l’ulteriore importante “argomento” affrontato dalla Sentenza emarginata : la Suprema Corte, infatti, nell’esaminare  lo specifico motivo di doglianza, lo considera “infondato”.

Il principio di diritto che si è inteso affermare, in riferimento alla norma puntuale art. 155 quater (introdotto dalla L. 54/2006) è quello che riconosce la “ratio di protezione” espressa dalla legge come riferita essenzialmente ed esclusivamente ai figli : “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli” .

Secondo la costante giurisprudenza della Cassazione deve essere, infatti, salvaguardato nel caso della separazione genitoriale, l’interesse della prole a “permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti”.

La pronuncia in commento, nella medesima su accennata ottica, specifica un importante passaggio, affermando come la ragione della speciale protezione, assicurata dall’ordinamento sia “configurabile solo con riguardo ai figli minorenni e non economicamente autosufficienti, non ponendosi altrimenti alcuna esigenza di speciale protezione”.

In buona sostanza, ove convivano nella residenza familiare, figli maggiorenni “economicamente autosufficienti” ed un coniuge, al momento della separazione, l’istituto della “assegnazione della casa familiare” non è più considerabile come sussistente “tutela speciale”, ma potrà solo concorrere, ove ne ricorranno i presupposti, come “mero criterio” di determinazione dell’eventuale onere del mantenimento; con la conseguenza che ove un tale onere sia soddisfatto con la determinzione di una somma di danaro da parte dell’onerato, non vi sia alcun diritto a permanere nell’abitazione, la cui disponibilità verrà determinata seguendo le regole del diritto di proprietà.

fonte: ilsole24ore/giorgio vaccaro/No all’assegnazione della casa coniugale anche se l'indipendenza economica della figlia è solo potenziale

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