giovedì 5 settembre 2013

La conflittualità tra genitori non impedisce l’affidamento condiviso

La disposizione contenuta nell'articolo 155 del codice civile che prescrive al giudice di valutare prioritariamente che i figli vengano affidati ad entrambi i genitori attribuisce, certamente, un ampio margine di discrezionalità in capo all'organo giudicante il quale potrà disporre un affido di tipo esclusivo motivando tale forma con l'esistenza di motivi specifici ostativi che renderebbero l'affidamento condiviso contrario all'interesse supremo del minore.

L'interesse dei figli
L'interesse morale e materiale dei figli rappresenta quindi il parametro principale per orientare il giudice nella scelta tra affidamento esclusivo ed affidamento condiviso. Una valutazione circa l'esistenza o meno di motivi ostativi alla concessione dell'affido condiviso rimessa alla discrezionalità del giudice apre le porte ad un diritto di elaborazione giurisprudenziale dove casi praticamente identici vengono, a volte, disciplinati in modo difforme da Tribunale a Tribunale determinando tale situazione una potenziale violazione dei diritti fondamentali della persona e generando, anche tra gli operatori del diritto, una situazione di incertezza e confusione connessa all'assenza di un diritto “certo”. Assenza della quale gli utenti della giustizia finiscono per essere le vere “vittime”.

I principi giurisprudenziali
L'intervento del Giudice di Legittimità pone una serie di principi che divengono fonte di “ispirazione” per i successivi interventi della magistratura di merito sino ad un nuovo intervento della Suprema Corte che, talvolta, a distanza di tempo, ribalta completamente il proprio orientamento.

La Giurisprudenza ha individuato tutta una serie di situazioni che possono essere più o meno rilevanti ai fini della concessione dell'affidamento condiviso. Si è, ad esempio, stabilito che la diversa religione dei coniugi non rileva ai fini dell'affidamento condiviso (Cass. Civ. 1401 del 1995), come non rilevano le convinzioni politiche, la nazionalità e la razza.

Si è altresì affermato (pur essendovi orientamenti contrari in dottrina e giurisprudenza) che l'oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori non preclude la possibilità di un affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori, potendo tale distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore (Cassazione civile , sez. VI, ordinanza 2 dicembre 2010 n. 24526).

Il caso della conflittualità persistente
Per quanto concerne la conflittualità esistente tra i coniugi questa non può di per sé, giustificare la deroga dal regime di affido condiviso in quanto lo stesso è stato ritenuto maggiormente idoneo a riequilibrare la condizione del ruolo genitoriale in favore dell’interesse dei figli.

L’orientamento giurisprudenziale maggioritario ritiene che la contrarietà dell’affido condiviso all’interesse del minore deve essere interpretata restrittivamente (e ravvisata in una condotta del genitore gravemente pregiudizievole al figlio). La conflittualità tra coniugi, è quasi sempre presente nei procedimenti di separazione e divorzio giudiziale e, pertanto, ove la conflittualità tra coniugi divenisse motivo ostativo alla concessione dell'affidamento condiviso tale istituto sarebbe, di fatto, svuotato di ogni significo e disattesa la ratio della norma.

La conflittualità può, in teoria, assumere connotati ostativi all'applicazione dell'affidamento condiviso solo qualora si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.
Non sempre esiste tra le parti l'auspicato accordo sugli obiettivi educativi ed il rispetto dei rispettivi ruoli e compito del giudice è anche quello di valutare, caso per caso, se tale conflitto sia così aspro ed irreversibile da pregiudicare non solo gli indirizzi educativi del minore ma anche la sua stessa stabilità emotiva impedendo una corretta formazione della personalità ed un armonico sviluppo psico-fisico.

L’assenza di tipizzare delle circostanze ostative
Non avendo, per altro, il legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all'affidamento condiviso, la loro individuazione resta necessariamente rimessa alla decisione del Giudice nel caso concreto da adottarsi con «provvedimento motivato», con riferimento alla peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione, l'affidamento esclusivo.

La qualità delle relazioni non incide
I giudici di legittimità con la pronuncia del 3 dicembre 2012 n. 21591 confermano l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, secondo cui l’ostacolo al regime dell'affidamento condiviso non può essere ravvisato nella qualità delle relazioni coniugali cui il figlio, per essere realmente tutelato e non travolto o, peggio, usato nel contrasto parentale, è e deve rimanere tendenzialmente estraneo.

Al di là degli attriti tra moglie e marito, l’applicazione dell’istituto dell’affido condiviso non è da escludere, poiché resta principale obbligo e preminente dovere di assunzione di responsabilità quella di provvedere in egual misura ai figli.

Appare evidente che il giudice debba analizzare, caso per caso, se la conflittualità, assuma connotati tali da rendere impossibile qualunque forma di collaborazione tra i coniugi determinando una situazione di “impasse” decisionale con notevole pregiudizio del minore che oltre ad essere penalizzato sotto il profilo sociale ed educativo si troverà sovraccaricato e schiacciato dalle tensioni familiari.

L’inidoneità di uno dei genitori
Altro discorso è la deroga alla regola sull'affidamento condiviso in caso di inidoneità di uno dei genitori. A volte tale elemento ostativo viene confuso con la “mera conflittualità”. In realtà si tratta di qualche cosa di diverso ovvero di una conflittualità che è espressione dell'inidoneità genitoriale di una delle parti o di entrambe. Infatti, la conflittualità può benissimo essere unilaterale o, espressione dell'atteggiamento dispregiativo di un coniuge verso l'altro. Atteggiamento che rende impossibile ogni forma di collaborazione e cooperazione per l'educazione del minore, rendendo di fatto, inidoneo il genitore “astioso”.

Tale principio è stato espresso anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza 11 agosto 2011, n. 17191 con cui la Prima Sezione Civile ha respinto il ricorso di un padre che chiedeva la concessione dell’affido condiviso della figlioletta.

I giudici di merito avevano già evidenziato che dai comportamenti dell’ex marito e dei genitori di questo, emergevano gravi e ripetute manifestazioni di disprezzo per la ex moglie; esternazioni che erano “frutto di un prolungato e graduale deterioramento dei rapporti favorito dalla contiguità abitativa tra le due famiglie”. Tali elementi, valutati complessivamente, giustificavano l'addebito della separazione all’uomo il quale, non aveva tutelato l’autonomia del proprio nucleo familiare né difeso la dignità della propria moglie, mantenendo, altresì, una condotta che confermava la valutazione compiuta dai consulenti d'ufficio circa l'esistenza di una sua dipendenza non ancora risolta con la madre, aveva violato l'obbligo, previsto dall'art. 143 cod.civ., di assistenza morale dovuta alla moglie.

Pertanto, è stato negato l’affido condiviso, ritenuto pregiudizievole per lo sviluppo psicologico della minore, che avrebbe dovuto adattarsi a due realtà familiari tra loro diverse e nemiche.

La Corte di Cassazione ha confermato il provvedimento della Corte di Appello ed osservato che la sentenza di merito non aveva disatteso il diritto della minore alla bigenitorialità, in quanto aveva ritenuto l'affidamento condiviso pregiudizievole per la serenità della minore. Infatti, i giudici di merito hanno correttamente incentrato la loro pronuncia valutando l’interesse della minore, «motivando il loro convincimento sugli effetti pregiudizievoli che potrebbero derivare allo sviluppo psicologico della medesima dall’affidamento condiviso sia in positivo (con riguardo alla capacità genitoriale della madre) sia in negativo (con riguardo alla particolare situazione del rapporto del padre con la famiglia d’origine e in tale contesto al comportamento gravemente denigratorio da lui e dalla sua famiglia assunto nei confronti della ex moglie)».
Fonte: ilsole24ore
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