Vale la presunzione contenuta all’art. 132 terzo comma del Codice del Consumo, secondo cui i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna si presumono già esistenti a tale data.
In tema di compravendita, la disciplina codicistica ha carattere sussidiario rispetto a quella prevista dal Codice del Consumo (D.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005), che trova quindi applicazione prioritaria sussistendone i presupposti.
In particolare l’art. 132 terzo comma del Codice del Consumo prevede una presunzione relativa, per cui i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene, si presumono già sussistenti a tale data, salvo che ciò sia incompatibile con la natura del bene o del difetto invocato.
Se quest’ultimo si manifesta entro il predetto termine, il consumatore potrà quindi limitarsi ad allegare la sussistenza del vizio, gravando sul venditore l’onere di dimostrare la conformità del bene.
Superati i sei mesi torna invece operativo il regime probatorio generale, per cui il consumatore dovrà provare che il difetto era presente fin dall’origine.
Lo ha affermato la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13148 del 30 giugno 2020.
Il caso
Gli acquirenti di un’autovettura usata convenivano in giudizio la società venditrice, riferendo che l’auto, subito dopo l’acquisto, presentava gravi vizi occulti, regolarmente denunciati e non riparati.
Chiedevano pertanto il risarcimento dei danni, pari alle spese di noleggio di un’auto sostitutiva, a quelle di ripristino del mezzo e a un’ulteriore somma per il ristoro del disagio subito.
La società si costituiva in giudizio, deducendo che il veicolo era perfettamente funzionante al momento della consegna e che il vizio era stato causato da un uso anomalo del mezzo e da una carente manutenzione.
Il Tribunale di Larino, sezione distaccata di Termoli, rigettava la domanda e la sentenza veniva confermata anche in appello.
La Corte di merito dava atto che i vizi lamentati si erano manifestati solo dopo tre mesi dalla consegna ed era stato accertato un utilizzo anomalo del veicolo. Era emerso inoltre che l’auto era stata accuratamente controllata prima della vendita ed era risultata perfettamente funzionante.
Contro la sentenza gli acquirenti proponevano ricorso per cassazione in base a due motivi.
I motivi di ricorso
In primo luogo contestavano l’erronea applicazione della disciplina del contratto di vendita in luogo di quella del Codice del Consumo, in particolare dell’art. 130 del Codice che prevede la responsabilità del venditore in caso di difetto di conformità.
Rilevavano inoltre una violazione dell’art. 132 del Codice del Consumo, secondo cui vi è una presunzione del difetto di conformità del bene se i vizi si manifestano entro sei mesi dalla consegna: nel caso di specie, trattandosi di vizi emersi dopo solo tre mesi, sarebbe spettato alla concessionaria dar prova della loro insussistenza al momento della vendita.
Compravendita: Codice del Consumo e codice civile
La Corte rammenta che in materia di compravendita esiste una chiara preferenza del legislatore per le norme consumeristiche, mentre la disciplina del codice civile ha un ruolo “sussidiario”: gli artt. 128 e segg. del Codice del Consumo si applicano quindi prioritariamente (se ne ricorrono i presupposti), mentre le norme codicistiche trovano spazio solo per quanto non previsto dalla normativa speciale (così Cass. Civ. Sez. III, 30.5.2019, n. 14775).
Dal combinato disposto degli artt. 129 e segg. del Codice del Consumo si desume la responsabilità del venditore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene, purchè emerga entro due anni dalla consegna.
Ciò legittima il compratore ad esperire i rimedi contemplati al successivo art. 130, sempre che denunci il difetto al venditore entro due mesi dalla scoperta.
Il termine di “manifestazione” del vizio e le conseguenze sul regime probatorio
L’art. 132 terzo comma del Codice del Consumo prevede inoltre una specifica presunzione a favore del consumatore, per cui i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene, si presumono già sussistenti a tale data, salvo che ciò sia incompatibile con la natura del bene o del difetto invocato.
Si tratta di una presunzione relativa (superabile quindi mediante prova contraria), finalizzata ad agevolare la posizione del consumatore: se il difetto emerge entro i sei mesi, questi potrà infatti limitarsi ad allegare la sussistenza del vizio, gravando sulla controparte l’onere di provare la conformità del bene.
Superato il termine semestrale torna invece operativo il generale regime probatorio, per cui il consumatore dovrà provare che il difetto era presente fin dall’origine, posto che il vizio potrebbe qualificarsi come sopravvenuto, derivando da cause indipendenti dalla non conformità del prodotto.
Corollario di questo principio è che il consumatore deve provare l’inesatto adempimento mentre al venditore spetta dimostrare di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto; solo se tale prova è stata fornita, spetta al compratore dimostrare l’esistenza di un vizio o difetto intrinseco della cosa, ascrivibile al venditore (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 21927 del 21/09/2017; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 20110 del 02/09/2013).
La natura presunta della responsabilità da prodotto difettoso
Il quadro normativo illustrato ha indotto la giurisprudenza di legittimità a ritenere che la responsabilità da prodotto difettoso abbia natura presunta e non oggettiva: prescinde infatti dall’accertamento di colpevolezza del produttore ma non dalla dimostrazione di esistenza di un difetto del prodotto.
Ai sensi dell’art. 120 del Codice del Consumo, grava quindi sul danneggiato la prova del collegamento causale tra difetto e danno, fornita la quale spetterà al produttore - a norma dell’art. 118 dello stesso Codice - dimostrare che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato posto in circolazione, o che all’epoca non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche (così Cassazione civile sez. III, 20/11/2018, n. 29828).
La giurisprudenza comunitaria
La Corte osserva che, del resto, il predetto art. 132 C.C. dev’esser letto in combinato disposto con la direttiva Europea n. 1999/44/CE sulle garanzie dei beni di consumo (di cui il Codice del Consumo costituisce trasposizione in Italia).
La direttiva, che indica appunto il nucleo essenziale dei diritti spettanti al consumatore, ribadisce che grava su quest’ultimo il solo onere di denunciare il difetto di conformità.
Onere da considerarsi assolto mediante la tempestiva comunicazione al venditore dell’esistenza del difetto, non occorrendo che ne fornisca anche la prova o che ne indichi la causa precisa.
L’allegazione del vizio specifico si tradurrebbe infatti in un onere eccessivo per il consumatore, richiedendo peraltro l’accesso a dati tecnici del prodotto o il ricorso a un’assistenza tecnica specializzata, che invece si trovano nella più agevole disponibilità del venditore (conclusioni confermate anche dalla sentenza della Corte di Giustizia 4 giugno 2015, causa c-497/13, c.d. “caso Faber”).
Conclusioni
Gli Ermellini osservano che nel caso di specie la Corte di merito ha erroneamente applicato le norme civilistiche in materia di vendita, anziché la disciplina dei contratti di consumo: ciò malgrado la sentenza impugnata desse atto che l’autovettura era stata alienata da un operatore commerciale ad una persona fisica, che l’aveva acquistata per ragioni personali.
La Corte di merito avrebbe pertanto dovuto accertare se il vizio era stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e, essendosi manifestato entro sei mesi dalla consegna, applicare la presunzione di responsabilità a carico del venditore, salvo che tale ipotesi fosse incompatibile con la natura del bene o del difetto di conformità.
Non era quindi sufficiente affermare che l’auto fosse stata controllata prima della vendita, dovendosi piuttosto verificare, al momento di denuncia del vizio, la causa che lo aveva generato e, solo all’esito di tale accertamento, invocare l’uso anomalo del mezzo.
Muovendo da tali considerazioni il ricorso è stato accolto, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d'appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità
(fonte:www.altalex.com)
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