Beccati a trasportare frutta – uva, per la precisione – rubata. Per i due ladri scatta l’arresto, legittimo poiché avvenuto in quasi flagranza del reato, certificata anche dalla freschezza del prodotto (Cassazione, sentenza n. 11000/20, sez. V Penale, depositata il 1° aprile).
Trasporto. Scenario della vicenda è la campagna siciliana. Lì due uomini vengono fermati mentre trasportano frutta rubata, e vengono prontamente arrestati. Per gli uomini della polizia giudiziaria è difatti evidente la quasi flagranza del reato, come ammesso anche da uno dei due ladri.
A sorpresa, però, l’arresto non viene convalidato in Tribunale, mancando, secondo il giudice, i requisiti della ‘quasi flagranza’.
A impugnare questa decisione è il Procuratore, che presenta ricorso in Cassazione e sostiene sia errata la lettura data in Tribunale. A questo proposito, egli ritiene vi siano tutti i presupposti per parlare di “quasi flagranza”, soprattutto tenendo presenti “la gravità della condotta e la pericolosità dei soggetti fermati (con numerosi precedenti penali)”, la circostanza che l’arresto intervenne subito dopo il fatto – come da ammissione di uno dei due indagati –, il titolo di reato e «l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel caso di frutti pendenti».
Controllo. A smentire il Tribunale provvede la Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dal Procuratore e sancendo che «l’arresto fu legittimamente eseguito», trovandosi di fronte a una situazione di quasi flagranza del reato. Per i giudici, difatti, non si può ignorare che l’arresto ha riguardato «due persone che si erano rese esecutrici del furto di uva» che si presentava ancora verde e fresca. Questo dettaglio – unitamente alla presenza di strumenti adoperabili per l’operazione – rende palese «l’immediatezza del controllo della polizia giudiziaria rispetto alla condotta» dei due presunti ladri.
Irrilevante, invece, è ritenuta la circostanza che «si sia operato anche sulla base delle dichiarazioni di uno dei due fermati», poiché, osservano i giudici, «esse intervennero senza ingenerare alcuna soluzione di continuità, contribuendo nell’immediatezza a definire la natura della merce che già le modalità di trasporto ne avevano reso più che sospetta la detenzione». In sostanza, «la dichiarazione è stata resa dallo stesso autore del reato, trovato in possesso della cosa per sua stessa ammissione appena rubata».
Illogico, quindi, «non riconoscere lo stato di quasi flagranza delle persone tratte in arresto, essendo state queste trovate subito dopo la commissione del reato — da uno dei due pacificamente ammessa a fronte dell’evidenza della refurtiva trasportata — in possesso di ingente quantitativo di uva» e senza alcuna «giustificazione neppure in ordine alle ragioni del trasporto, così da far ritenere altamente probabile che immediatamente prima i due soggetti si fossero resi artefici del reato denunciato».
Senza dimenticare, poi, «la circostanza della esposizione alla pubblica fede», poiché tale «aggravante è configurabile nel caso di cose esposte alla pubblica fede per fatto umano o per condizione naturale, non essendo necessariamente richiesta la volontà del proprietario o possessore di esporre il bene alla pubblica fede, che può derivare anche da una condizione originaria della cosa e non dipendere dall’opera dell’uomo», come nel caso della frutta.
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