lunedì 23 dicembre 2019

Furto di automobile nel parcheggio a pagamento: nessun risarcimento dovuto dal gestore

Con l’ordinanza n. 31979 del 6 dicembre 2019, la Corte di cassazione ha confermato che in caso di furto di automobile avvenuto in un’area di sosta a pagamento, non deriva in ogni caso l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto. Infatti, l'obbligo di custodia non può sorgere dalle modalità concrete di organizzazione della sosta (quali ad esempio l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo o la presenza di un piano interrato chiuso) con la conseguenza che deve escludersi la responsabilità del gestore per la custodia dei veicoli parcheggiati nell'area di sosta a ciò predisposta qualora vi sia l’avviso di “parcheggio non custodito”.
Svolgimento del processo
1. F. C. conveniva in giudizio dinanzi il tribunale di Milano l'azienda trasporti milanesi (di seguito ATM), lamentando che la sua autovettura marca VW parcheggiata presso il parcheggio a pagamento della convenuta, fosse stata oggetto di furto da parte di ignoti, chiedendo, pertanto, la condanna dell'ente al risarcimento del danno.
2. Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda e condannava la convenuta al risarcimento del danno liquidato in euro 10.000.
3. L'A. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
4. La Corte d'Appello di Milano accoglieva l'impugnazione riformava la sentenza del Tribunale di Milano e respingeva la domanda proposta da F. C. nei confronti dell'ATM. In particolare, la Corte d'Appello rilevava che l'orientamento interpretativo espresso dalla sentenza impugnata era stato superato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza numero 14319 del 2011 che aveva affermato che il gestore, concessionario del Comune, di un'area di parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta. Anche la successiva giurisprudenza aveva sposato il suddetto orientamento. Secondo la Corte d'Appello le considerazioni espresse nella citata sentenza erano da condividersi e dovevano applicarsi anche alla fattispecie in oggetto.
Doveva richiamarsi in primo luogo il quadro legislativo costituito dalla legge n. 122 del 1989 volta a favorire la circolazione e il decongestionamento dei centri urbani mediante la creazione di parcheggi finalizzati all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo, con facoltà per i comuni di stabilire aree destinate a parcheggio a pagamento con riscossione mediante dispositivi di controllo della durata e dell'accesso senza custodia del veicolo, fissando le relative tariffe. La volontà del legislatore, pertanto, era di rimandare all'ente locale il potere di regolamentare la sosta dei veicoli privati nelle aree in questione e doveva riconoscersi in capo al singolo utente l'opzione se affidare il veicolo durante la sosta con garanzie di custodia ovvero utilizzare l'aria di interscambio postagli a disposizione con modalità di accesso e di pagamento semplificato e a costi più contenuti rispetto al parcheggio con custodia.
Secondo il suddetto indirizzo, peraltro, l'utente deve essere posto in condizione di una scelta consapevole della natura della propria opzione, dunque, l'offerta al pubblico deve essere chiara e ben connotata nella sua entità.
Tali requisiti dell'offerta al pubblico sussistevano nel caso in esame, non essendo contestato che all'esterno del parcheggio era affisso un avviso dal quale risultava che l'ATM. non rispondeva del furto del veicolo.
Nella specie, dunque, non poteva trovare applicazione la disciplina di cui all'articolo 1341 c.c. perché l'avviso integrava l'oggetto stesso della proposta contrattuale e non una semplice clausola.
In conclusione, la Corte d'Appello qualificava il contratto intercorso tra l'utente assicurato e l'ATM come contratto atipico di parcheggio non custodito caratterizzato da adeguato sinallagma tra le rispettive prestazioni di corrispettivo per la locazione o comodato del cosiddetto posto auto e responsabilità limitata alla struttura dell'area.
5. F. C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
6. L'Azienda Trasporti Milanesi S.p.A. si è costituita con controricorso e ha proposto ricorso incidentale sulla base di un motivo.
7. Con memoria depositata in prossimità dell'udienza l'Azienda Trasporti Milanese s.p.a. ha insistito nella richiesta di inammissibilità o rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in ordine all'accertamento di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, n. 3 e 5, c.p.c. - errata applicazione dell'articolo 1766 c.c. e seguenti, articolo 7, comma 1, del d. Igs. n. 285 del 1992.
A parere della ricorrente nella fattispecie, trattandosi di un'area di un parcheggio interrato dotato di strutture edilizie e di un'organizzazione, doveva escludersi il riferimento all'area recintata di cui alla giurisprudenza richiamata dalla Corte d'Appello. Altrimenti si introdurrebbe una deroga ai principi relativi alla custodia di un bene, in virtù di esigenze urbanistiche. Il caso di specie costituirebbe un contratto atipico di parcheggio e dovrebbe trovare applicazione la disciplina di cui agli artt. 1766 e ss. c.c., con particolare riferimento al deposito oneroso, in relazione alla circostanza che la consegna dell'autovettura del C. al gestore del parcheggio, avvenne mediante immissione nell'area all'uopo destinata e delimitata previo superamento di una sbarra, accessibile dopo il rilascio di una scheda magnetica, mentre lo stesso conducente poteva uscire dal parcheggio solo dopo aver effettuato il pagamento mediante l'introduzione in un altro apparecchio della scheda e della somma e poi introducendo all'uscita la scheda contrassegnata dal pagamento.
All'esterno del parcheggio non risultava affisso alcun avviso di qualunque genere dal quale risultava che l'ATM non rispondesse del furto totale o parziale del veicolo.
Per la configurabilità del contratto atipico di parcheggio come assimilabile al deposito e, quindi, con l'obbligo di custodia da parte del depositario ai sensi dell'art. 1766 c.c. non è necessario l'affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può materialmente realizzarsi attraverso la sua immissione nell'area a ciò predisposta, previo perfezionamento del contratto mediante introduzione di denaro nell'apposito meccanismo.
In caso di perdita della cosa depositata in seguito a furto il depositario non si libera della responsabilità ex recepto, provando di aver usato nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia come prescritto dall'articolo 1768 c.c. ma deve provare che l'inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile ex art.1218 c.c..
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione di legge, contraddittorietà della motivazione in ordine all'accertamento di un fatto controverso decisivo per il giudizio ex articolo 360, nn. 3 e 5, c.p.c., errata applicazione degli artt. 1322, 1341, comma 2, c.c. nonché del d.Igs. n. 205 del 2006 (codice del consumatore).
A parere del ricorrente la limitazione di responsabilità è inefficace se non approvata specificamente per iscritto, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 1341, secondo comma, c.c., dovendosi essa ritenere quale condizione generale di contratto ed essendo il suddetto avviso assimilabile a tutti gli effetti ad un'offerta pubblica ex articolo 1336 c.c.
Dunque, la clausola che esclude la responsabilità del gestore del parcheggio per il furto di un'autovettura ha carattere vessatorio ed è inefficace se non approvata specificamente per iscritto.
2.1 I due motivi del ricorso principale, che possono essere decisi congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.
Questa Corte a Sezioni Unite ha già affermato il seguente principio di diritto: «L'istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera f), del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, primo comma, e 1327 c.c.), perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta» (sez. U, Sentenza n. 14319 del 2011).
L'orientamento ora riportato, vincolante le sezioni ex art. 374 c.p.c. a meno di una nuova rimessione alle sezioni Unite, è stato ribadito in altre sentenze tra le quali si segnala sez. 3, Sent. n. 11931 del 2013 che ha nuovamente affermato che: «L'istituzione da parte dei Comuni di aree di sosta a pagamento, ai sensi dell'art. 7, primo comma, lett. f), del codice della strada, non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore dell'area di custodire i veicoli su di esse parcheggiati, se l'avviso "parcheggio incustodito" sia esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, primo comma, e 1327 c.c.). Ne consegue che il gestore, concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia, non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta».
Nella specie, la Corte d'Appello ha accertato sulla base delle risultanze istruttorie la presenza del cartello che avvisava l'utenza che le automobili parcheggiate non sarebbero state custodite e, come si è detto, deve ribadirsi che l'obbligo di custodia non può sorgere dalle modalità concrete di organizzazione della sosta (quali ad esempio l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo o la presenza di un piano interratto chiuso) con la conseguenza che deve escludersi la responsabilità del gestore per la custodia dei veicoli parcheggiati nell'area di sosta a ciò predisposta.
3. L'Azienda Trasporti Milanesi ha proposto ricorso incidentale per violazione dell'articolo 112 c.p.c. e omessa pronuncia.
La Corte d'Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla richiesta di condanna di F. C. alla restituzione della somma di euro 18.929,44 ricevute in esecuzione della sentenza riformata oltre interessi e rivalutazione dalla data del pagamento al saldo trattasi di circostanza provata documentalmente non contestata dalla controparte, pertanto, risulterebbe violato il disposto dell'articolo 112 c.p.c. che obbliga il giudice a pronunciarsi su tale domanda.
3.1 Il motivo proposto con il ricorso incidentale è fondato.
Nel giudizio di appello, non soltanto la richiesta di restituzione delle somme pagate alla controparte in esecuzione della sentenza di primo grado non configura una domanda nuova - essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata - e può dunque essere proposta per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, ma detta restituzione può, altresì, essere disposta di ufficio dal giudice, atteso che l'art. 336 c.p.c. (nel testo novellato dall'art. 38 della legge 26 novembre 1990, n. 353), secondo cui la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che a seguito della sentenza di riforma vengono meno immediatamente - al fine di scoraggiare successive impugnazioni proposte a scopo dilatorio - sia l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, sia l'efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, conseguentemente rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con la ulteriore conseguenza che il giudice di appello ha il potere di adottare direttamente i provvedimenti capaci di ripristinare la situazione precedente, non diversamente da quanto accade nella situazione disciplinata dall'art. 669 novies c.p.c., in cui il giudice, nel dichiarare l'inefficacia del provvedimento cautelare, deve dare direttamente le disposizioni necessarie a ripristinare la situazione precedente (sez. 3, Sent. n. 16170 del 2001).
5. In conclusione la Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

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