giovedì 14 novembre 2019

Piange durante il rapporto sessuale: implicito il dissenso

Il pianto della donna, durante il rapporto sessuale impostole dal convivente, è un elemento inequivocabile per dedurre il dissenso della vittima.
È quanto emerge dalla sentenza 15 ottobre 2019, n. 42118 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Integra l'elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia la consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona (Cass. pen., Sez. III, 23 giugno 2016, n. 22127).
Parimenti, l'elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo generico e, pertanto, dalla coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente, restando irrilevante l'eventuale fine ulteriore propostosi dal soggetto agente (Cass. pen., Sez. III, 17 aprile 2013, n. 20754).
La mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l'errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale (Cass. pen., Sez. III, 5 ottobre 2017, n. 2400).
In pratica, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è sufficiente che l'agente abbia la consapevolezza del fatto che non sia stato chiaramente manifestato il consenso da parte del soggetto passivo al compimento degli atti sessuali a suo carico. Infatti, la cassazione ha precisato che non è ravvisabile alcun indice normativo che possa imporre, a carico del soggetto passivo del reato, un onere, neppure implicito, di espressione del dissenso all'intromissione di soggetti terzi all'interno della sua sfera sessuale. Al contrario, deve ritenersi che tale dissenso sia da presumersi laddove non sussistano indici chiari ed univoci volti a dimostrare l'esistenza di un, sia pur tacito ma in ogni caso inequivoco, consenso.
Nella fattispecie, il pianto manifestato dalla donna durante il rapporto, nonché l'attitudine sprezzante del partner, sono elementi sufficienti per ritenere sussistente un dissenso all'atto sessuale da parte della donna e per parlare di violenza sessuale.
Viene, altresì, precisato, che la circostanza attenuante prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p., per i casi di minore gravità, è applicabile solo quando, avuto riguardo ai mezzi, alle modalità esecutive ed alle circostanze dell'azione, si possa ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera lieve. Nella fattispecie gli ermellini ritengono che l'odiosità della condotta sia stata massima tenuto conto che, giunto alla soddisfazione sessuale, il ricorrente, non pago dell'evidenza di quanto compiuto, ebbe anche a lanciare i fazzoletti alla compagna dicendole “pulisciti”, incurante del pianto della donna e delle suppliche di costei.

fonte: www.altalex.com

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