Canoni sempre più chiari nel valutare la fondatezza e la misura dell'assegno divorzile. È questo la portata del provvedimento emesso l’8 gennaio 2019 dalla presidente Giannone della settima sezione del tribunale di Torino.
Nell'intervenire dopo la prima udienza, quella dei provvedimenti provvisori ed urgenti, il giudice ha osservato come, pur dovendosi considerare le due misure economiche – quella della separazione e quella del divorzio – diverse, «nella fase presidenziale – si sia chiamati a verificare la sussistenza dei requisiti per riconoscere o escludere un assegno divorzile, e si dovrà in particolar modo apprezzare se sia siano verificati fatti nuovi, che consiglino di modificare le previsioni che erano state assunte in sede di separazione tra i coniugi».
Il principio
Partendo da questo presupposto, il tribunale torinese ha ricordato come il principio di diritto - introdotto dalla sentenza n. 19287/18 delle sezioni unite, che ha chiarito la natura e le finalità dell'assegno divorzile dopo il definitivo abbandono del criterio del tenore di vita come criterio guida - sia quello per il quale l'assegno divorzile, laddove debba essere disposto in quanto «si compone di un contenuto perequativo- compensativo», deve comunque tener conto della raggiunta autonomia del richiedente; autonomia che deve però essere, in concreto e di volta in volta, «adeguata al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare».
Di conseguenza, il giudice del divorzio, quando sia chiamato a decidere in merito alla misura dell'assegno divorzile - anche nella prima fase del relativo giudizio, proprio perché «non sarebbe giustificato onerare una delle parti di una contribuzione verosimilmente destinata alla revoca od a una riduzione, all'esito del giudizio»- ha il compito di leggere e parametrare tra loro le diverse realtà patrimoniali dei coniugi. Compito adempiuto, con rara precisione, nel caso de quo : nell'istruire il quale il tribunale di Torino ha letteralmente riportato gli elementi costituenti sia il reddito che il patrimonio dei due coniugi, esaminando quelli dell'anno del matrimonio, quelli goduti in costanza del vincolo e, infine, quelli ottenuti nell'attualità.
Giungendo a ridurre, con il provvedimento in esame, l'importo riconosciuto alla moglie all'esito del giudizio della separazione, specificando come l'assegno divorzile «non può continuare ad essere agganciato allo sviluppo patrimoniale del coniuge, bensì deve essere rivolto alla vita matrimoniale, da un lato al fine di garantire l'autosufficienza e dall'altro per compensare la disparità economica fra le parti», ma solo dove questa «sia stata causata dalle scelte familiari ed in particolare sia riconducibile ai sacrifici fatti dal coniuge debole in favore della famiglia».
Sottolineando così la centralità di due importanti elementi, nell'analisi della sussistenza dei criteri attributivi dell'assegno astrattamente dovuto, all'esito della cessazione del rapporto di coniugio : il primo, quello della possibilità di operare tale valutazione già all'esito del primo provvedimento di giustizia del giudizio di divorzio; il secondo è il fatto che la disparità economica, eventualmente esistente, sia considerata elemento attributivo, ove riconducibile, «ai sacrifici fatti dal coniuge debole in favore della famiglia».
fonte: Cassa Forense
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lunedì 21 gennaio 2019
Criteri più chiari per calcolare l'assegno di divorzio
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