Un principio in diritto decisamente importante è stato posto nella sentenza 4 ottobre 2018, n. 24198 (Cassazione Civile), e che riguarda il rapporto fra discrezionalità amministrativa ed esecuzione di un provvedimento esecutivo.
La vicenda che ha dato origine alla controversia è ben sintetizzata nella pronuncia stessa: “Non fu mai in contestazione nel presente giudizio che plurimi appartamenti di proprietà delle società oggi ricorrenti furono arbitrariamente occupati da una massa di persone organizzate, con atti di frode o di violenza; che la competente Procura della Repubblica ordinò il sequestro penale degli immobili, ordinandone lo sgombero; che nessuna delle articolazioni periferiche del Ministero dell'interno vi provvide, per il periodo di sei anni”.
In altri termini, i proprietari di un immobile occupato abusivamente da terzi, e rispetto alla cui occupazione era stato emesso un provvedimento esecutivo, hanno dovuto attendere oltre sei anni prima che lo sgombero fosse effettivamente eseguito da parte delle forze dell'ordine.
Le ragioni dell'attesa sono palesi nella altrettanto sintetica ricostruzione del contenuto della decisione del giudice d'appello: “Pacifici questi fatti, la Corte d'appello di Firenze ha tuttavia escluso la sussistenza d'una responsabilità aquiliana dell'amministrazione dell'interno, reputando che fu scelta discrezionale e non incolpevole tale strategia "attendista", giustificata dalla esigenza di evitare turbative dell'ordine pubblico”.
In definitiva, per il giudice di secondo grado, il Ministero non avrebbe posto in essere alcuna condotta illecita lesiva dei diritti degli attori nella misura in cui, dando corso ad una tattica “attendista”, aveva esercitato discrezionalmente il proprio potere amministrativo.
Ma la Corte di cassazione, così posti i fatti, si è interrogata in ordine a due quesiti:
“(a) se sia consentito agli organi della pubblica amministrazione, deputati a dare attuazione ai provvedimenti dell'Autorità giudiziaria, astenervisi o sindacarne il contenuto;
(b) in caso di risposta negativa al quesito che precede, se i fatti così come accertati dalla Corte d'appello rendevano incolpevole, e quindi non risarcibile, il danno causato dalla p.a. alle odierne ricorrenti.”
Quesiti a cui la Corte, come subito si vedrà, ha dato risposta negativa.
Sul primo punto, le conclusioni della pronuncia risultano particolarmente taglienti.
Infatti, dopo aver contestato la logicità stessa del ragionamento del Ministero, secondo cui uno sgombero forzoso avrebbe innescato problematiche di ordine pubblico, evidenziando il paradosso del ragionamento stesso in quanto proprio l'occupazione abusiva di una massa di persone costituisce un problema di ordine pubblico, giunge alla chiara affermazione che segue: “Che in uno Stato di diritto la pubblica amministrazione abbia l'obbligo ineludibile di dare attuazione ai provvedimenti giurisdizionali è questione talmente ovvia ed elementare che pare a questa Corte sinanche ultroneo dovervisi soffermare vieppiù”.
In altri termini, posta l'ovvia separazione fra poteri dello Stato, una volta che vi sia un provvedimento giurisdizionale esecutivo non vi è alcuno spazio per esercitare alcun potere discrezionale in ordine al se e quando eseguirlo.
Ma anche sul secondo fronte la Corte non lascia spazio a interpretazioni: “La Corte d'appello ha ritenuto infatti che la p.a., chiamata a dare esecuzione ad un provvedimento giudiziario, avesse la facoltà di scegliere se e quando darvi attuazione. S'è già detto, tuttavia, che tale pretesa discrezionalità è impensabile in uno stato di diritto. L'unica discrezionalità di cui la p.a. gode, quando sia chiamata a dare attuazione ad un provvedimento giudiziario, è verificare se quel provvedimento esista davvero.”
E da tali considerazioni emerge la chiara illiceità della condotta tenuta dall'amministrazione, oggetto della reprimenda della Corte, la quale ha poi impreziosito la propria prosa con un suggestivo richiamo alle pragmatiche considerazioni del filosofo francese Pascal: “non rendendo forte la Giustizia, si finirebbe per rendere giusta la Forza”.
Conclude dunque la pronuncia per la cassazione della sentenza di appello, con rinvio al giudice di secondo grado, non prima di aver affermato il seguente principio di diritto:
“La discrezionalità della p.a. non può mai spingersi; se non stravolgendo ogni fondamento dello Stato di diritto, a stabilire se dare o non dare esecuzione ad un provvedimento dell'autorità giudiziaria, a maggior ragione quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla CEDU, come nel caso del diritto di proprietà, tutelato dall'art. 41 Cost. e dall'art. 6 CEDU ed art. 1 del Primo Protocollo addizionale CEDU. E' pertanto colposa la condotta dell'amministrazione dell'interno che, a fronte dell'ordine di sgombero di un immobile abusivamente occupato, trascuri per sei anni di dare attuazione al provvedimento di sequestro con contestuale ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica”.
fonte: Altalex
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sabato 3 novembre 2018
Immobile occupato abusivamente? Stato inerte deve risarcire
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
Dal 2018 l’Avv. Emiliano Mancino aderisce al progetto Difesa Legittima Sicura, una rete di professionisti sul territorio nazionale che dà tutela legale a chiunque sia vittima di violenza.
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