domenica 6 maggio 2018

Dispetti e umiliazioni continue al collega: è Stalking

Scatta lo stalking per le continue prese in giro e i dispetti al collega. E se, come nel caso esaminato, il collega ha anche un handicap viene contestata anche l'aggravante. La Corte di cassazione, con la sentenza 18717 respinge il ricorso del “bullo” che si era dato come “mission” quella di umiliare un collega, colpito da un ictus che gli aveva provocato un'invalidità del 50%, motivo per il quale era stato assunto grazie alle quote riservate ai disabili, in una ditta di autospurgo. Vasta la gamma di “scherzi” che il ricorrente metteva in atto nei confronti del lavoratore più debole: dall'appendere in bacheca la foto in cui era sporco dopo essere caduto mentre era intento alla manutenzione dell'impianto fognario comunale, agli schizzi di acqua fredda sotto la doccia, fino al finto “furto” della bicicletta nascosta quando l'uomo ne aveva bisogno per andare ad una visita medica. Tutto era teso a ridicolizzarlo proprio per la sua menomazione. La Suprema corte, in una prima pronuncia sul caso, aveva annullato la condanna per stalking, considerando la sentenza della Corte d'appello non abbastanza esauriente per quanto riguardava la configurabilità del reato previsto dall'articolo 612-bis del Codice penale. La Corte territoriale ha ora convinto la Cassazione. Le azioni contestate all'imputato non si potevano considerare “scherzi” sporadici, ma vessazioni e umiliazioni sistematiche che si erano protratte per tutto il tempo in cui l'uomo aveva condiviso con il suo persecutore lo stesso posto. Una situazione che sarebbe stata di grande stress, precisa la Cassazione, per chiunque e non solo per chi si trovava in una condizione di “fragilità” come la vittima. Nello specifico l'uomo aveva sviluppato un grave stato ansioso che lo aveva portato a stare a lungo lontano dal lavoro, fino a quando era arrivato il suo licenziamento, prima di aver maturato la pensione. Per i giudici gli elementi dello stalking c'erano tutti: dal danno, al cambio di abitudini, all'ansia. Né si poteva pensare che la parte lesa avesse un accanimento accusatorio nei confronti dello stalker. I giudici hanno apprezzato la sua pacatezza, la semplicità e lo scrupolo nel non attribuire al collega condotte delle quali non era certo. La condanna per il reato non è esclusa, chiariscono i giudici, dal fatto che la vittima e il persecutore abbiano raggiunto bonariamente un accordo sul risarcimento

fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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