venerdì 11 maggio 2018

Cassazione: fumatore incallito malato di tumore, nessun risarcimento per i familiari

Non riceveranno alcun risarcimento i familiari di un uomo, fumatore incallito, che, dopo essersi ammalato di cancro ai polmoni, aveva citato in giudizio la British American Tobacco, i Monopoli dello Stato, i ministeri delle Finanze e della Salute e la Philip Morris Italia per i danni da lui subiti per la malattia contratta a causa del fumo. La terza sezione civile della Cassazione ha rigettato il ricorso degli eredi dell’uomo, le cui doglianze erano già state respinte dai giudici del merito (tribunale e Corte d’appello di Roma).
Nel 2002, due anni dopo aver saputo di essere malato, l’uomo aveva avviato la causa contro lo Stato e le aziende produttrici di sigarette affermando di essere fin da giovane abituato a fumare anche due pacchetti di Marlboro al giorno: dopo i primi sintomi della malattia, aveva cercato di smettere, riuscendovi soltanto quando il medico lo aveva avvisato delle possibili «conseguenze nefaste». Per questo, imputava la causa della sua malattia ai soggetti che avevano prodotto e posto in commercio le sigarette, sostenendo che «il produttore aveva subdolamente studiato e inserito nel prodotto sostanze tali da generare uno stato di bisogno imperioso con dipendenza psichica e fisica tali da indurlo a diventare un tabagista incallito». Inoltre, citava in giudizio il ministero della Salute, responsabile, a suo dire, di «avere omesso di salvaguardare la salute pubblica non obbligando le multinazionali e lo Stato stesso a offrire un prodotto quanto più naturale, privo di rischi per la salute e di quelle sostanze che producono assuefazione».
I giudici del merito avevano invece bocciato il ricorso ritenendo «manifesta» l’«insussistenza del nesso di causa» tra le «pretese condotte illegittime» dei produttori di sigarette e dello Stato e il «danno»: la Corte d’appello di Roma, in particolare, aveva evidenziato che «la dannosità da fumo costituisce da lunghissimo tempo dato di comune esperienza» e che «non può sostenersi che la nicotina annulli la capacità di autodeterminazione del soggetto “costringendolo” a fumare, senza possibilità di smettere, dai 2 ai 4 pacchetti al giorno».
I familiari dell’uomo si sono quindi rivolti alla Cassazione, affermando che, da parte dei giudici di secondo grado, non fosse stato correttamente applicato il principio in tema di responsabilità per «esercizio di attività pericolosa (la produzione e commercializzazione di prodotti da fumo)». La Suprema Corte, con la sentenza depositata oggi, ha rigettato il loro ricorso, mettendo in evidenza l’esclusione del nesso causale effettuata nei precedenti giudizi «in applicazione del principio della `causa prossima di rilievo´, costituito nella fattispecie - si legge nella sentenza - da un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di soggetto dotato di capacità di agire, quale, appunto, la scelta di fumare nonostante la notoria nocività del fumo».

fonte: Cassazione: fumatore incallito malato di tumore, nessun risarcimento per i familiari - La Stampa

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