Paghi lo Stato se nevica e i dipendenti pubblici non possono raggiungere il posto di lavoro. Così la segreteria generale della Corte dei conti (cioè la direzione amministrativa, non i giudici) ritiene corretto regolare un evento come la recente nevicata del 26 febbraio scorso, che paralizzò Roma, chiedendo all’Aran di condividere la tesi con la richiesta di parere 2179 dello scorso 5 marzo. Tesi che, se accolta, porterebbe all’ennesima fortissima divaricazione tra mondo del lavoro privato e pubblico.
La nevicata del 26 febbraio scorso impedì a molti dipendenti della Corte dei conti di raggiungere gli uffici. Secondo la segreteria generale della Corte, la mancata resa della prestazione lavorativa non dovrebbe incidere negativamente sulla sfera giuridica dei lavoratori, ma va considerata imputabile al “rischio di impresa” dell’amministrazione pubblica, prendendo atto che l’evento atmosferico crea un danno erariale non imputabile ai lavoratori.
In sostanza, dunque, nei confronti dei lavoratori che non sono riusciti a raggiungere il posto di lavoro, secondo la richiesta di parere, non si dovrebbe disporre d’ufficio una riduzione delle ore di permesso personale o dei giorni di ferie; di conseguenza, per ragioni di equità, ai dipendenti che invece hanno comunque preso servizio andrebbe riconosciuto un turno di riposo compensativo.
Secondo la segreteria generale della Corte dei conti non si potrebbero estendere al lavoro pubblico le modalità di regolazione del rapporto proprie del privato. In questo ambito, come del resto evidenziato dal Ministero del Lavoro nel parere 7 giugno 2012, n. 37/0010676 reso proprio in merito alle conseguenze del mancato svolgimento della prestazione lavorativa a causa di una nevicata. Nel caso del rapporto di lavoro privatistico, rileva il Ministero “l’impossibilità sopravvenuta liberi entrambi i contraenti: il lavoratore dall’obbligo di effettuare la prestazione e il datore dall’obbligo di erogare la corrispondente retribuzione. Restano ferme, tuttavia, le disposizioni dei contratti collettivi di lavoro che, generalmente, contemplano la possibilità per il lavoratore di fruire di titoli di assenza retribuiti connessi al verificarsi di eventi eccezionali”.
Nel caso del lavoro pubblico e, specificamente per il comparto Ministeri, qualora intervenga un “factum principis”, come un’ordinanza di chiusura degli uffici pubblici, questo “impedisce modo oggettivo ed assoluto l’adempimento della prestazione, ossia l’espletamento dell’attività lavorativa, fermo restando l’obbligo datoriale di corrispondere la retribuzione nelle giornate indicate”.
Nel caso della nevicata del 26 febbraio, tuttavia, non vi sono stati provvedimenti autoritativi di chiusura degli uffici. Mancherebbe, quindi, una “forza maggiore” che abbia impedito in modo oggettivo ed assoluto la prestazione lavorativa. Tuttavia, secondo la richiesta di parere, tale causa di forza maggiore potrebbe essere ravvisata nella carenza, da parte della PA nel suo complesso “di un dispositivo organizzativo idoneo a fronteggiare gli stessi gravi eventi atmosferici, per consentire la percorribilità delle strade pubbliche (a chi si reca al lavoro con i propri mezzi di trasporto) ovvero la fruizione dei mezzi di trasporto pubblico)”.
Insomma, poiché la PA non ha potuto garantire la percorribilità delle strade o la fruizione completa di mezzi di trasporto, si assisterebbe ad un’ipotesi di “danno che resta a carico del pubblico erario”. Lo Stato e le altre amministrazioni, in conseguenza della carenza di rimedi all’evento climatico, in sostanza, dovrebbero accollarsi il costo da un lato del riconoscimento delle assenze dei dipendenti senza ridurre loro ferie o permessi e con diritto alla retribuzione; dall’altro il costo di un turno – remunerato – di riposo (ovviamente in giornata lavorativa) per i dipendenti presenti in servizio.
Secondo il parere sarebbe da “ritenere equo” che le difficoltà a fronteggiare l’emergenza dovuta alla nevicata, tali da rendere estremamente difficoltosa, se non impossibile, la puntuale prestazione lavorativa, producano a carico del datore di lavoro pubblico il danno erariale, non attribuibile alla responsabilità da inadempimento del lavoratore.
Nell’attesa che l’Aran si esprima sulla richiesta di parere, vi è da osservare che l’assenza di misure organizzative utili per consentire il regolare transito nelle strade con mezzi privati o pubblici colpisce in maniera del tutto identica lavoratori pubblici e privati. L’eventuale accoglimento della tesi della segreteria generale della Corte dei conti pone un non irrilevante problema di equità nei confronti del sistema privato, colpito anch’esso dalle conseguenze delle medesime disfunzioni.
fonte: Se nevica, l’assenza dei dipendenti la paga lo Stato - ItaliaOggi.it
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giovedì 22 marzo 2018
Corte dei Conti: Se nevica, l’assenza dei dipendenti la paga lo Stato
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