Il medico convenuto per il risarcimento del danno subito dal paziente per un errore commesso prima del 1° aprile scorso risponde a titolo di responsabilità contrattuale. Il danneggiato e i suoi eredi devono quindi provare solo il “rapporto di spedalità” e il danno, mentre il sanitario ha l’onere di dimostrare di avere agito in modo professionalmente diligente. Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza 26517 del 9 novembre scorso, che ha deciso in base ai principi stabiliti dal decreto legge 158/2012 (legge Balduzzi), applicabili ai fatti di causa per ragioni temporali.
Si tratta di principi che la legge 24/2017 (legge Gelli-Bianco), in vigore dal 1°aprile scorso, con riferimento all’azione diretta nei confronti del medico, modifica: le nuove disposizioni qualificano infatti la responsabilità del medico come extracontrattuale e impongono al danneggiato che agisce contro di lui di provare il danno, la colpa o il dolo e il nesso di causalità tra il primo e i secondi. Attenzione però: ciò vale per i sanitari che operano come “strutturati” in un’azienda sanitaria pubblica o in una clinica privata; i medici liberi professionisti, invece, che stringono con il paziente un rapporto contrattuale diretto, continuano a rispondere per responsabilità contrattuale.
La vicenda
Gli eredi di un paziente deceduto a seguito di un epitelioma alle mucose orali diagnosticato tardivamente convengono in giudizio il medico che in precedenza, nel suturare le escoriazioni alla bocca del loro congiunto, non aveva prescritto gli esami istologici atti a rivelare la natura cancerosa della lesione.
Il giudizio davanti al tribunale termina con la condanna del sanitario al risarcimento del danno e lo stesso accade in Corte d’appello, con la conferma del provvedimento di primo grado e la condanna al risarcimento del danno per “medical malpractice” a carico del sanitario.
Il medico ricorre per Cassazione contro la sentenza d’appello, chiedendone la riforma. Ma l’impugnazione viene respinta dalla Suprema corte.
La Cassazione
Nel ricorso il medico lamenta la scorrettezza della decisione della Corte d’appello in relazione all’assetto dell’onere della prova, affermando che i giudici avevano erroneamente ritenuto che tale aspetto dovesse essere governato dai principi della responsabilità contrattuale, i quali impongono alla parte attrice solo di dimostrare il rapporto di spedalità e il danno, mentre spetta al sanitario convenuto «provare di avere tenuto una condotta diligente».
La Cassazione ha tuttavia confermato la decisione d’appello, applicando le norme in tema di assetto della responsabilità medica in vigore quando la lite è stata inizialmente promossa (vale a dire la legge Balduzzi).
La riforma
La Legge Gelli/Bianco ha profondamente innovato e cercato di chiarire il contenuto della responsabilità civile sanitaria, ponendo alcuni principi cardine:
• il danneggiato o i suoi eredi possono agire direttamente contro la struttura sanitaria, ovvero la sua assicurazione, a titolo di responsabilità contrattuale;
• in alternativa, il danneggiato o i suoi eredi possono anche agire direttamente contro il medico dipendente della struttura ovvero la sua assicurazione, ma in questo caso solo a titolo di responsabilità extracontrattuale (con, in linea di principio, un ben più gravoso onere della prova a loro carico);
• nei confronti del medico libero professionista legato al paziente da un rapporto contrattuale, o nei confronti della sua assicurazione, il danneggiato o i suoi eredi possono svolgere azione diretta a titolo di responsabilità contrattuale.
fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato
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lunedì 18 dicembre 2017
Responsabilità sanitaria, per i «vecchi» errori la prova è a carico del medico
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