Niente compensazione, tra la somma accertata a debito dei correntisti e il valore stimato dei titoli depositati e non ancora venduti. In tal caso, infatti, sul conto deposito e amministrazione titoli non vi è alcuna consistenza in denaro, ma soltanto un credito, né liquido, né esigibile.
Lo puntualizza la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 3540 del 13 luglio 2017 (presidente Sensale, relatore Marinaro). Muove la questione, il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di due correntisti. Atto, con cui si chiedeva di provvedere, in solido, al pagamento della somma di circa 25 mila euro, derivante dall'apertura di credito concessa dalla banca. I due si oppongono – adducendo, tra l'altro, l'infondatezza della pretesa e la nullità del contratto – e chiedono, in via subordinata, la compensazione del saldo con il credito della banca che fosse risultato esigibile.
L'istituto contesta la tesi dei clienti, ma il Tribunale la accoglie, seppur parzialmente, e dichiara nulla l'ingiunzione, disponendo la compensazione tra i crediti vantati dalle parti.
Prevedibile, l'appello della banca: era illegittimo compensare il saldo debitorio del conto corrente con i titoli presenti sul conto deposito e amministrazione. Il credito vantato nei confronti dei correntisti, si marca, si fondava sullo scoperto relativo al rapporto di conto corrente cui era collegato anche il conto deposito titoli. Ed era su queste basi, che il Tribunale, ritenendo erroneamente sussistente un unico rapporto tra le parti, aveva dato l'ok alla compensazione.
A ben vedere, però, prosegue, il contratto di apertura di credito bancario andava tenuto distinto da quello di deposito titoli. In effetti, se con il primo la banca si obbliga a tenere a disposizione una somma di denaro, con il secondo, si impegna a custodire per amministrare e, a richiesta, restituire i titoli che restano di proprietà del cliente. Quello configuratosi, pertanto – considerato che l'istituto, nel custodire e restituire titoli e valori, li aveva anche amministrati – era un contratto misto cui non poteva applicarsi la compensazione, come previsto dall'articolo 1246, comma 1, n. 2, del Codice civile.
La Corte d'Appello concorda e boccia la sentenza emessa, in prima battuta, dal Tribunale. Sul conto deposito, spiega, non vi erano consistenze in denaro, ma solo titoli che la banca non aveva venduto. Il credito di titoli, quindi, mai alienati, non era divenuto liquido ed esigibile.
Di qui, l'inapplicabilità della compensazione, trattandosi di istituto che presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti. Esclusa, anche la compensazione impropria, che si configura nel caso in cui i rispettivi crediti e debiti derivino da un unico rapporto – potendosi, così, valutare le reciproche pretese in base a meri accertamenti contabili (Cassazione, 7337/2004) – posto che, scrivono i giudici richiamando Cassazione 12327/2005, non sempre all'unicità della fonte corrisponde «la corrispettività delle prestazioni generatrici di obbligazioni contrapposte».
Ecco che, nella vicenda, l'illiquidità dei titoli impediva l'operatività della compensazione tra la somma accertata a debito dei clienti nei confronti della banca, e il valore stimato dei titoli depositati. Riformata, così, la sentenza appellata.
fonte:Cassa Forense - Dat Avvocato
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giovedì 12 ottobre 2017
Non si compensa il rosso sul conto con i titoli invenduti
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