L'individuazione del domicilio fiscale deve basarsi sull'effettivo centro degli affari e degli interessi, non solo economici, ma anche morali e familiari, desumibile dal fattore dirimente della reale permanenza del soggetto nel territorio nazionale.
La Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, con sentenza n. 1685 del 11 aprile 2017, accoglie il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate la quale insisteva sull’esistenza in Italia dell’effettivo domicilio fiscale di due sorelle contribuenti e chiedeva la riforma della sentenza emessa dalla CTP di Milano.
L’Amministrazione finanziaria aveva fondato i propri accertamenti su diversi e incontestabili elementi che avevano rivelato l'esistenza di numerosi indizi convergenti che deponevano a favore della permanenza delle due contribuenti nel territorio italiano per la maggior parte dell'anno in tutti i periodi a cui gli accertamenti si riferivano.
La CTR per la Lombardia, ribaltando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che, gli elementi individuati dalla ricorrente costituiscano rilevanti indizi sulla permanenza in Italia delle contribuenti per più di 183 giorni l’anno – la maggior parte del periodo d’imposta -.
La permanenza in Italia delle sorelle deve, infatti, essere determinata non solo dalla sussistenza sul territorio nazionale di legami affettivi - la madre delle sorelle - ma altresì da ulteriori e diversi interessi di natura morale, sociale ed economica – partecipazione ad assemblee o riunioni del Cda di società italiane partecipate e non, gestione dei rapporti di natura finanziaria con istituti di credito italiani, cospicui movimenti di capitale e bonifici esteri accreditati su istituti di credito italiani, partecipazioni ad eventi mondani e sociali, frequentazione di circoli nautici e corsi universitari -.
Pertanto, alla luce delle suddette circostanze, la CTR Lombardia ha ritenuto che la presenza delle contribuenti in Italia non fosse saltuaria e unicamente limitata agli incontri sporadici con la madre, ma che fosse tale da superare il limite dei 183 giorni all’anno.
Orbene – anche alla luce dell’art. 2, comma 2bis, del TUIR sulla base del quale si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze – la CTR adita ha precisato che per le due contribuenti, cittadine italiane cancellate dalle anagrafi della popolazione residente e trasferite in Stato avente un regime fiscale privilegiato, l'individuazione del domicilio fiscale debba basarsi sull'effettivo centro degli affari e degli interessi, non solo economici, ma anche morali e familiari.
Conclusivamente i giudici lombardi, ritenendo fittizia la residenza estera delle due contribuenti, hanno chiarito che, nell’ipotesi de qua, l’individuazione del domicilio in Italia si fonda sulla reale permanenza del soggetto nel territorio nazionale e, in particolare, sulla residenza intesa come dimora abituale ai sensi dell'art. 43, secondo comma, del codice civile.
Fonte:www.altalex.com/Residenza estera è fittizia se centro degli affari e interessi è in Italia | Altalex
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sabato 5 agosto 2017
Residenza estera è fittizia se centro degli affari e interessi è in Italia
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