Da qualche tempo sentiamo ripetere che i tempi dei processi civili italiani si vanno allineando agli standard europei. In relazione alle procedure originate dalla crisi della famiglia (principalmente separazioni e divorzi), il Governo riponeva grandi speranze negli effetti positivi che avrebbe dovuto avere il decreto legge del 2014 sulla «degiurisdizionalizzazione», orrendo neologismo con cui si indica principalmente un nuovo strumento: i coniugi, invece di fronteggiarsi in una causa lunga e costosa, si impegnano ad effettuare una negoziazione, assistiti dai loro avvocati; se la negoziazione riesce il loro accordo ha gli stessi effetti di una sentenza.
Sul campo, occupandosi di diritto di famiglia, nei corridoi e nelle cancellerie dei tribunali, l’ottimismo lascia invece il posto allo sconforto. Se è vero che mediamente la durata complessiva dei giudizi (almeno in primo grado) si è leggermente ridotta, i tempi dei giudizi di separazione e divorzio nelle fasi iniziali, quelle più delicate, si sono allungati in modo intollerabile. Alcuni esempi: quelli che seguono non sono casi eccezionali, ma normali; vicende scelte a caso nell’esperienza di chi scrive, per dare una concretezza al problema.
Procedura di separazione giudiziale con figli minori. La legge dice che al termine della prima udienza il giudice deve pronunciare un provvedimento provvisorio e «urgente» per regolare la vita dei coniugi e dei figli durante il giudizio. Il presidente del tribunale di Milano fissa la prima udienza sei mesi e mezzo dopo il deposito del ricorso. Dieci anni fa, nello stesso tribunale, il tempo di attesa era di circa tre mesi. Il giudice si rende però conto che questi tempi sono inaccettabili per la pronuncia di un provvedimento urgente relativo alla vita di un bambino e avverte la necessità di precisare, fissando l’udienza, che il ritardo non deriva dall’inefficienza del giudice ma dalla strutturale inadeguatezza dell’organico.
Procedura di divorzio giudiziale. Al tribunale di Brescia, per le stesse ragioni, passano undici mesi fra il deposito del ricorso e la prima udienza (la prima, non l’ultima). La legge prevede un tempo massimo di novanta giorni che fino a qualche anno fa veniva quasi rispettato.
Procedura di divorzio congiunto. I coniugi sono d’accordo e chiedono entrambi al tribunale di pronunciare la sentenza. Si tiene un’unica udienza. Il giudice deve solo verificare che l’accordo non sia contrario alla legge. Il tribunale di Grosseto impegna dieci mesi, a cui si aggiungono due mesi per comunicare al Comune la sentenza di divorzio. Un anno, che si somma ovviamente al tempo della separazione e ai tempi per ottenere la pronuncia di separazione. Altro che divorzio breve!
La Cassazione non fa eccezione: un anno e due mesi per decidere su un ricorso per regolamento di competenza, cioè la procedura nella quale si decide solo quale giudice è competente a trattare una causa. Il codice prevede che questa procedura duri venti giorni: un termine che non è mai stato rispettato. Un tempo però qualche mese era sufficiente.
E i benefici effetti della «degiurisdizionalizzazione», che fine hanno fatto? Il rapporto Istat sul matrimonio pubblicato alla fine del 2016 ha certificato il fallimento dello strumento della negoziazione assistita come strumento per ridurre il numero dei giudizi contenziosi di separazione e divorzio. Nel 2014, prima dell’introduzione della riforma, le separazioni giudiziali erano il 15,8% del totale; nel 2015, dopo la riforma, la percentuale non è diminuita ma è addirittura aumentata: 17,8%. Non c’è stata invece alcuna modifica nella percentuale di contenziosi al momento del divorzio. La riforma quindi non ha per nulla aumentato la propensione dei coniugi a trovare un accordo per risolvere i problemi posti dal fallimento del matrimonio. Infatti la nuova procedura di negoziazione assistita è seguita solo nel 6,2% dei casi e sono tutte procedure che prima della riforma venivano definite con lo strumento classico della separazione consensuale. Per ottenere qualche risultato si dovrebbero introdurre strumenti la cui efficacia è già stata sperimentata all’estero, primo fra tutti l’arbitrato familiare, cioè la possibilità per i coniugi di incaricare un arbitro per dirimere la loro controversia.
Fonte:www.lastampa.it/Il flop del divorzio breve. L’udienza “urgente” fissata dopo sei mesi - La Stampa
Blog di attualità e informazione giuridica - Lo Studio Legale Mancino ha sede in Ferrara, Via J. F. Kennedy, 15 - L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione
sabato 15 luglio 2017
Il flop del divorzio breve. L’udienza “urgente” fissata dopo sei mesi
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
Dal 2018 l’Avv. Emiliano Mancino aderisce al progetto Difesa Legittima Sicura, una rete di professionisti sul territorio nazionale che dà tutela legale a chiunque sia vittima di violenza.
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