La violazione dell’obbligo di fedeltà, desumibile da alcuni SMS amorosi pervenuti sul cellulare del marito, giustifica l’addebito quando si pone come causa della crisi coniugale (nel caso di specie, la scoperta della infedeltà era avvenuta nel 2007, cioè successivamente alla riconciliazione intervenuta nel 2002). A confermarlo è la corte di Cassazione con sentenza n. 5510 del 6 marzo 2017.
La Corte d'appello di Milano ha rigettato i gravami delle parti avverso l’impugnata sentenza del Tribunale della stessa città che, nel giudizio di separazione personale dei coniugi E. C. e F. V., aveva addebitato la separazione al marito, aveva affidato i figli minori M. e G. al Comune di Milano, li aveva collocati presso la madre e aveva posto a carico del C. un assegno di euro 2000,00 al mese in favore della moglie e un contributo di mantenimento per tre figli di euro 3000,00 mensili, oltre al pagamento della globalità delle spese straordinarie concordate tra le parti.
La Corte ha giustificato l'addebito per la violazione dell'obbligo di fedeltà, in ragione della scoperta, nel novembre 2007, di messaggi amorosi pervenuti sul cellulare di C..
Con riguardo alle statuizioni economiche, la Corte ha ritenuto giustificate l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno in favore della V. e dei figli, in considerazione dell'elevato tenore di vita dei coniugi durante la vita matrimoniale e della sproporzione reddituale tra le parti, anche tenendo conto della capacità lavorativa della stessa V., non tale comunque da giustificare un incremento dei contributi economici a carico del marito; ha compensato le spese del grado di giudizio.
Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione, in via principale, il C. e in via incidentale la V..
Preliminarmente, la Suprema Corte osserva che la sentenza di divorzio emessa dal Tribunale di Milano, passata in giudicato (la quale ha determinato in euro 1300,00 l'assegno divorzile a suo carico e in euro 2800,00 l'assegno di mantenimento per i figli, oltre alla metà delle spese straordinarie). Al riguardo si osserva che la pronuncia di divorzio, operando ex nunc dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale (o di modifica delle condizioni di separazione) iniziato anteriormente e ancora pendente, ove esista l'interesse di una delle parti all'operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali, che trovano il proprio limite temporale nel passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
Con il primo motivo di ricorso principale, il C. denuncia la violazione dell'art. 151, comma 2, c.c., per avere dichiarato l'addebito come conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di fedeltà, senza che tale violazione fosse stata causa diretta della crisi coniugale.
Il profilo in esame non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha giustificato l'addebito rilevando che la violazione dell'obbligo di fedeltà era stata causa della crisi coniugale, come evidenziato dal fatto che la scoperta della infedeltà era avvenuta nel 2007, cioè successivamente alla riconciliazione intervenuta nel 2002.
Il ricorrente chiede, in sostanza, una rivisitazione del giudizio di fatto concernente l'accertamento della responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza, che è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità.
Il secondo motivo si articola in due profili connessi, entrambi inammissibili.
Il primo profilo denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, e 156, comma 2, c.c. e 111, comma 6, Cost., in ordine alla motivazione, ritenuta contraddittoria, sul riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore della V., per avere mal valutato la situazione reddituale delle parti e l'entità del patrimonio del C. e per avere omesso di considerare i documenti prodotti che dimostravano il peggioramento delle sue condizioni economiche.
Il secondo profilo denuncia la violazione dell'art. 156, comma1, c.c. per avere motivato in modo contraddittorio sulla capacità reddituale della V. e per avere dato rilievo a un fatto non previsto dalla legge, e non vero, come l'abitudine del marito in costanza di matrimonio di addossarsi le spese di famiglia in misura preponderante.
Entrambi i profili si risolvono in critiche all'accertamento dei redditi delle parti, ai fini della concreta determinazione dell'assegno di mantenimento, che è compito riservato al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in sede di legittimità), in presenza di motivazione idonea a rivelare la ratio decidendi, dovendosi considerare in tali limiti ridotto il controllo di legittimità sulla motivazione, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Il motivo, pur prospettando violazione di norme di diritto, si risolve nella critica della sufficienza del ragionamento logico esposto dal giudice di merito e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli elementi probatori del processo, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibileIl terzo motivo denuncia la violazione dei suindicati parametri normativi, nonché dell'art. 337 ter, comma 4, c.c., per avere motivato sul quantum, ritenuto eccessivo, dell'assegno di mantenimento dei figli senza rispettare il parametro normativo da ultimo indicato che impone di valutare le risorse di entrambi i genitori; i giudici di merito avrebbero erroneamente considerato florida la situazione reddituale del C., senza confrontarsi con le produzioni documentali né considerare le ingenti disponibilità economiche della V..Il motivo è inammissibile, per ragioni analoghe a quelle poc'anzi esposte in ordine al precedente motivo.
Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di gravame riguardante la condanna del C., disposta dal primo giudice, al pagamento delle spese del giudizio di primo grado e per non avere considerato la sussistenza di giusti motivi di compensazione totale o parziale.
Il motivo è infondato, in ordine alla censura di omessa pronuncia: la sentenza impugnata, infatti, avendo confermato la soccombenza del C., ha implicitamente rigettato il motivo sulle spese; esso è inammissibile nella parte in cui invoca la compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
Venendo al ricorso incidentale, il primo motivo denuncia omesso esame di un fatto discusso tra le parti e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c, per avere condizionato l'operatività dell'obbligo del C. di farsi carico delle spese straordinarie al suo consenso, di fatto sempre negato, con l'effetto di sottrarre ai figli una parte del contributo di mantenimento posto a suo carico.Il motivo è inammissibile, risolvendosi in una istanza di revisione del giudizio di congruità del contributo posto a carico di C. in relazione alle spese straordinarie per i figli.
Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per omessa pronuncia sul motivo di appello incidentale con cui la V. aveva chiesto di convertire in una misura fissa la parte variabile del contributo di mantenimento per i figli.
Il motivo è infondato, avendo i giudici di merito implicitamente pronunciato sul motivo respingendolo.La Suprema Corte ha così rigettato entrambi i ricorsi.
La sentenza che si annota merita di essere segnalata per due ordini di ragioni.
Anzitutto, viene ribadito l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la pronuncia di divorzio, operando ex nunc dal passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale (o di modifica delle condizioni di separazione), ove esista un interesse di una parte all'operatività della pronuncia, con i conseguenti provvedimenti patrimoniali: l'obbligo di corresponsione dell'assegno di separazione trova infatti il proprio limite temporale nel passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
Inoltre, si conferma il principio secondo cui, in tema di separazione personale dei coniugi, l'indagine sulla intollerabilità della convivenza e sulla sua addebitabilità - che è riservata al giudice del merito e, se sorretta da congrua e coerente motivazione, non è censurabile in sede di legittimità - non può basarsi sull'esame di singoli episodi di frattura o contrasto, ma deve derivare dalla valutazione globale dei reciproci comportamenti, quali emergono dal complesso delle emergenze processuali; con la conseguenza che la violazione del dovere di fedeltà non legittima, di per sé, la pronuncia di separazione con addebito al coniuge adultero, ma deve porsi in relazione causale con la rottura dell’unione matrimoniale. Il che è proprio quanto si è verificato, secondo i Giudici di merito, nella fattispecie in esame, nella quale la scoperta dei messaggi amorosi dell’amante del marito non ha affatto aggravato una crisi già in essere, ma si è posta come causa della crisi, essendo avvenuta successivamente alla riconciliazione tra i coniugi, avvenuta nel 2002.
Fonte: www.quotidianogiuridico.it/Gli sms dell’amante giustificano la separazione con addebito al marito | Quotidiano Giuridico
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mercoledì 8 marzo 2017
Gli sms dell’amante giustificano la separazione con addebito al marito
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