martedì 10 maggio 2016

D.L. n. 59/2016: la check list delle attività da compiere per il pignoramento

Si inizia l’esame delle novità introdotte dal legislatore attraverso l’art. 4 del d.l. n. 59/2016, riguardanti in particolare le modifiche al codice di procedura civile in materia di esecuzione forzata di cui agli artt. 492, 569 e 615 c.p.c.
L’art. 4 del d.l. n. 59/2016 esordisce aggiungendo all'art. 492, comma 3, in fine il seguente periodo:
— il pignoramento deve contenere l'avvertimento che, a norma dell'art. 615, comma 2, terzo periodo, l'opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli artt. 530 (provvedimento per l’assegnazione o per l’autorizzazione alla vendita), 552 (assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) e 569 (provvedimento per l’autorizzazione della vendita) c.p.c., salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.
L’art. 615, c.p.c. sulla forma dell’opposizione al comma 1 recita: quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con atto di citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'art. 27 c.p.c.. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo. Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata.
Al comma 2 dell’art. 615 c.p.c. - il quale dispone che quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto - l’art. 4 del d.l. n.59/2016 ha aggiunto il seguente periodo: nell'esecuzione per espropriazione l'opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli artt. 530, 552, 569 c.p.c., salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.
L’art. 492 c.p.c. riguarda la forma del pignoramento, ed al primo, secondo e terzo comma così dispone: salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi (comma 1).
Il pignoramento deve altresì contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice (comma 2).
Il pignoramento deve anche contenere l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'art. 495 c.p.c., può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c., la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale (comma 3).
L’art. 569 c.p.c. riguardante il provvedimento per l’autorizzazione della vendita, al comma 4 modificato dal d.l. n. 59/2016 prevede che nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza la vendita forzata, con la stessa ordinanza, il giudice dell’esecuzione stabilisce, salvo che sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura, che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l'incanto, nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare di cui all'art. 161 ter disp att. c.p.c.
Quindi in base al testo aggiornato delle suddette norme in commento (art. 492 e 615 c.p.c.), il pignoramento si esegue mediante
√ ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore
il cui fine è di avvertire il debitore di astenersi dal compiere
√ qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato (nell’atto di pignoramento) i beni che si assoggettano all'espropriazione ed i relativi frutti
tra i requisiti che l’atto di pignoramento deve contenere l’art. 492 c.p.c. prevede l’invito al debitore a
√ dichiarare la propria residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario dell’ufficio giudiziario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione
l’art. 492 c.p.c. dispone che l’atto di pignoramento diretto al debitore deve altresì contenere
√ l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata od il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice dell’esecuzione
Ai sensi dell’art. 492 c.p.c. l’atto di pignoramento deve contenere l'avvertimento al debitore, che ai sensi dell'art. 495 c.p.c., può chiedere di sostituire alle cose od ai crediti pignorati una
√ somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti, comprensivo di capitale, interessi, spese, e spese di esecuzione
a pena di inammissibilità, il debitore ha l’onere di depositare in cancelleria, l’istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale
√ prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c.
In chiave deflattiva dei procedimenti di opposizione in materia di esecuzione forzata nonché acceleratoria delle procedure esecutive, la modifica legislativa introduce un’ulteriore limitazione alla proponibilità dell’opposizione dovendo contenere l’atto di pignoramento anche lo specifico
√ avvertimento ai sensi dell’art. 615, comma 2, terzo periodo, c.p.c.
Infatti, salva l’ipotesi in cui l’opposizione proposta ex art. 615 c.p.c. sia
√ fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile
diventa inammissibile se proposta dopo che è stata
√ disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c.
Tuttavia la norma nel testo novellato nulla osserva nell’ipotesi in cui il creditore ometta tale avvertimento nell’atto di pignoramento notificato al debitore ex art. 492 c.p.c.
Infatti quid juris se nell’atto di pignoramento risulti omesso l’avvertimento previsto dalla novella legislativa?
Salvo eventuali modifiche in sede di conversione del d.l. n. 59/2016 non pare dubitabile che difficilmente potrà dedursene una causa di nullità dell’atto di pignoramento, trattandosi di una sanzione non prevista né espressamente né implicitamente dal nuovo testo della norma in esame.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che in tema di espropriazione forzata, è soltanto irregolare, non affetto da inesistenza nè da nullità, l'atto di pignoramento presso terzi che contenga l'intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato, pur se questa appaia come proveniente dall'ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, che è invece il soggetto tenuto all'incombente ai sensi dell'art. 543 c.p.c., comma 2, n. 2 (Cass., 3 aprile 2015,  n. 6835).
In applicazione del principio generale di cui all'art. 156 c.p.c., in base al quale la nullità non può essere pronunciata, ogni qualvolta l'atto abbia raggiunto lo scopo cui è destinato, l'atto di pignoramento non potrebbe ritenersi nullo.
Invero, avuto riguardo alla struttura complessa dell'atto di pignoramento, l'eventuale errore contenuto nell'atto di pignoramento circa gli elementi di cui esso si compone dovrebbe essere valutato, nei confronti del debitore esecutato, in rapporto all'idoneità o meno dell’atto di pignoramento a raggiungere lo scopo suo proprio di atto iniziale del processo esecutivo, secondo la regola generale delle nullità degli atti processuali (Cass., 31 gennaio 2014, n. 2110).
Tuttavia, ciò non toglie che nella fattispecie considerata, il legislatore avrebbe potuto essere più preciso sul piano squisitamente tecnico, avendo cura di prevedere espressamente le conseguenze derivanti dall’eventuale omissione dell’avvertimento previsto ai sensi dell’attuale testo novellato dell’art. 615, comma 2, c.p.c. nell’atto di pignoramento.
Ciò premesso, in base al combinato testo delle anzidette norme, il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione dispone la vendita dei beni mobili od immobili pignorati ovvero l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552, 569 c.p.c. segna così il momento temporale a partire dal quale non è più possibile - a pena di inammissibilità - proporre alcuna forma di opposizione nel procedimento di esecuzione forzata.
La ratio della riforma sembra consistere nell’avere il legislatore individuato un termine ultimo certo (disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c.) oltrepassato il quale, il debitore od un eventuale terzo interessato, non possono intraprendere alcuna azione in opposizione per contestare il diritto del creditore procedente od intervenuto.
Il legislatore ha quindi recepito in parte l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui la proposizione dell’opposizione del debitore all’esecuzione è preclusa quando il processo esecutivo si sia ormai concluso, e quindi poiché l'esecuzione forzata si realizza con l'ordinanza di assegnazione (od aggiudicazione) che costituisce l'atto finale del procedimento di espropriazione e che è quindi compresa nella categoria degli atti di esecuzione contro i quali è esperibile il rimedio dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. (Cass., 20 novembre 1990, n.11195; Cass., 6 settembre 1996, n.8153; Cass., 26 agosto 1997, n.8013), dopo che tale ordinanza sia stata pronunciata non è proponibile alcuna forma di opposizione che, sotto il profilo dell'impignorabilità, riguardi la stessa ordinanza di assegnazione (od aggiudicazione), atteso che l'opposizione all'esecuzione presuppone la pendenza di un giudizio di esecuzione, di modo che, quando questo si è consumato giacché lo scopo dell'esecuzione è stato raggiunto attraverso l'assegnazione, non è più possibile intervenire su un processo esecutivo che non esiste più (Cass., 11 febbraio 1999, n.1150; Cass., 20 ottobre 1997, n.10259; Cass., 1° ottobre 1994, n. 7993).
Quanto precede, con l’unico limite costituito dall’eventualità che l’opposizione sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.
È evidente che il medesimo legislatore abbia inteso perseguire le ragioni di celerità del procedimento di espropriazione forzata senza però trascurare le possibili ragioni - preventivamente circoscritte dall’ampia formula normativa adoperata alle sole fattispecie in cui l’opposizione sia fondata su fatti sopravvenuti (la cui valutazione, nonostante il silenzio della norma su tale punto, non sembra tuttavia potersi sganciare completamente dalla conoscibilità a priori attraverso l’uso dell’ordinario grado di diligenza) ovvero l'opponente dimostri di non avere potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile (caso fortuito o forza maggiore) - volte a garantire i diritti del debitore o dei terzi interessati al regolare e legittimo compimento della procedura esecutiva.
Il quid plus previsto dall’attuale testo della norma attiene semmai all’equiparazione della disposta vendita del bene pignorato all’assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c.

Per leggere il DL clicca qui: DL59 pdf.pdf

Fonte: www.quotidianogiuridico.it

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