mercoledì 25 maggio 2016

Ascensore esterno non può ledere la veduta del singolo condomino

La vicenda origina nel lontano 1994, allorché una condomina di un caseggiato ubicato a Cortina d’Ampezzo evocava in giudizio l’amministratore di condominio ed i singoli condomini a causa dei lavori di realizzazione di un impianto di ascensore esterno. Il volume della gabbia dell’ascensore pregiudicava la visuale delle finestre di alcuni appartamenti di cui l’attrice era comproprietaria. Ella agiva, pertanto, per ottenere la sospensione dei lavori, chiedeva la demolizione della gabbia ed il ristoro di tutti i danni patiti. In primo grado, le domande attoree venivano accolte ed il giudice condannava i convenuti alla demolizione del manufatto oltre al risarcimento del danno ed alle spese di lite. La sentenza veniva confermata anche in appello.
In particolare, i giudici di merito rilevavano come la delibera assembleare con la quale si approvava la costruzione di un impianto esterno fosse affetta da nullità, giacché la gabbia ledeva il diritto di proprietà esclusiva della condomina, limitandone la visuale e ponendosi ad una distanza non regolamentare dalle finestre.
Sono, infatti, da considerarsi nulle le delibere, ancorché adottate con le maggioranze richieste dalla legge, allorquando risultino lesive dei diritti di altri condomini sulle porzioni di proprietà esclusiva. Inoltre, la nullità della delibera, dissimilmente dall’annullabilità, è rilevabile d’ufficio in ogni tempo. A tal proposito, la Corte ripercorre la consolidata giurisprudenza in virtù della quale «i poteri dell’assemblea non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, salvo che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda».
L’amministratore ed i condomini sostenevano che l’opera costituisse una modificazione ai sensi dell’art. 1102 c.c. e non già un’innovazione ex art. 1120 c.c. Secondo tale ricostruzione, non occorreva nessuna delibera autorizzativa dei lavori. Inoltre, a riprova della citata tesi, si sottolineava come le spese non fossero state poste a carico dell’attrice. La suddetta argomentazione veniva rigettata dai giudici di merito, in quanto la base della gabbia occupava una porzione del suolo comune, alterava il decoro architettonico dell’edificio – trattandosi di una costruzione esterna in appoggio – ed, infine, conculcava il diritto di visuale della condomina. In buona sostanza, si trattava di un’innovazione vera e propria.
Del resto, l’art. 1102 c.c. ammette l’uso della cosa comune, da parte di ciascun comunista, purché non ne alteri la destinazione; solo a queste condizioni, ogni comproprietario, a spese proprie, potrebbe provvedere all’installazione di un impianto di ascensore. Nondimeno si ricorda che, secondo la più recente giurisprudenza ed in virtù della riforma sul condominio, l’installazione di un ascensore ex novo rappresenta un’innovazione ai sensi dell’art. 1120 c. 2 c.c. L’art. 1124, inoltre, come recentemente modificato, prevede anche per gli ascensori il medesimo criterio di ripartizione delle spese adottato per le scale.
Con l’edificazione della gabbia, secondo i giudici, si è travalicato il limite entro il quale ciascun compartecipe alla comunione può servirsi della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c. Nell’uso della res communis non è possibile alterarne la destinazione «sicché solo le modificazioni di questa, in quanto consentono il pari uso secondo il diritto di ciascuno, rientrano nella previsione legale, mentre è vietata ogni diversa attività innovatrice».
Nel caso di specie, la costruzione del manufatto risultava lesiva del diritto di veduta; tale diritto si sostanzia nella facoltà del proprietario all’inspectio ed alla prospectio, vale a dire alla possibilità di guardare e sporgersi sul fondo altrui, non solo frontalmente ma anche obliquamente e lateralmente. Il legislatore, onde evitare l’ “occlusione” della veduta, dispone il divieto di costruire ad una distanza minore di tre metri. La gabbia dell’ascensore, pertanto, non solo conculcava l’inspectio e la prospectio della condomina, ma avveniva in spregio alla citata norma in tema di distanze legali.
In ragione di tutte le suesposte motivazioni la Corte, nel confermare la nullità della delibera assembleare, ha rigettato il ricorso proposto dai ricorrenti e li ha condannati al pagamento delle spese di giudizio.

Fonte: www.altalex.com//Ascensore esterno non può ledere la veduta del singolo condomino | Altalex

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