mercoledì 13 aprile 2016

Rimborsabili le spese mediche al paziente “costretto” a rivolgersi a strutture sanitarie private

La sentenza del Tribunale di Lecce che si segnala si inserisce in quel orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo il quale a fronte del diritto incondizionato alla salute costituzionalmente sancito sussiste il diritto del paziente a ottenere il rimborso delle spese mediche non preventivamente autorizzate qualora ricorrano ragioni di necessità e urgenza.
Nell'evoluzione del diritto nei suoi diversi formanti, in particolare, per quanto ci riguarda in questa sede, quello giurisprudenziale, una posizione sicuramente primaria deve essere riconosciuta al diritto alla salute, il quale è stato affermato e riconosciuto dalle nostre corti in una pluralità di applicazioni. Si pensi, anche solo, a tutta l'evoluzione relativa al riconoscimento e alla quantificazione dei pregiudizi non patrimoniali conseguenti alla lesione del bene giuridico salute.
La preminenza data alla salute dalla carta costituzionale è stata quindi affermata e concretizzata dalla giurisprudenza in relazione a una serie di problematiche: quella trattata dal tribunale di Lecce che si segnala in questa sede attiene molto pragmaticamente al rimborso delle spese ospedaliere non preventivamente autorizzate e sostenute da un paziente in ragione della loro particolare urgenza e necessità al fine di evitare pericoli di vita o di aggravamento della malattia o di non adeguata guarigione.
Qualora, infatti, tali pericoli siano evitabili soltanto grazie a cure tempestive e non ottenibili dalla struttura pubblica, deve affermarsi - sottolinea il tribunale - l'insussistenza di “alcun potere autorizzatorio discrezionale della pubblica amministrazione non essendo rilevante in contrario l'eventuale discrezionalità tecnica nell'apprezzamento dei motivi di urgenza, atteso che oggetto della domanda e il diritto primario e fondamentale alla salute, il cui necessario temperamento con altri interessi, pure costituzionalmente protetti - quali l'esistenza di risorse del Servizo sanitario nazionale con le conseguenti legittime limitazioni collegi, regolamenti ed atti amministrativi generali - non vale privarlo della consistenza di un diritto soggettivo perfetto".
Nel caso di specie si è trattato di riconoscere il rimborso richiesto da alcuni pazienti affetti da patologie oncologiche relativamente a urgenti prestazioni di natura ambulatoriale che la struttura pubblica non è stata in grado di erogare; il giudice di merito, in particolare, ha accertato, da un lato, che nel periodo in cui sono state effettuate le spese di cui si è chiesto il rimborso nel territorio di competenza della ASL di riferimento dei pazienti non vi erano strutture pubbliche dotate di macchine PET TAC che; dall'altro, ancora, che quei pazienti necessitavano di quella prestazione ambulatoriale di alta specializzazione a causa delle loro se le patologie già diagnosticate; dall'altro, infine che presso strutture pubbliche vicine quegli esami potevano essere eseguiti con dei tempi di attesa di svariati mesi, incompatibili con l'urgenza richiesta dal caso.
La soluzione adottata dal tribunale di Lecce si pone nell'alveo di un consolidato orientamento giurisprudenziale - come da atto anche la sentenza in esame - in cui la normativa speciale relativa alle autorizzazioni amministrative necessarie al fine di ottenere il rimborso di prestazioni sanitarie viene superata, qualora ovviamente ricorrano i presupposti della necessità e dell'urgenza, per la naturale preminenza del diritto dei cittadini alla salute e all'assistenza sanitaria che trova il suo fondamento nell'articolo 32, comma 1, della Costituzione. Sussiste infatti - evidenzia il tribunale - "una pretesa di natura patrimoniale direttamente correlata alla tutela del fondamentale e primario diritto alla salute in presenza di una situazione di urgenza, intesa come situazione di assoluta improcrastinabilità delle cure", pretesa che, per l'appunto, supera la disciplina amministrativa in materia.
Un'ultima considerazione, da un diverso punto di vista rispetto a quello fino ad ora trattato. La giurisprudenza ha più volte evidenziato come la mancanza, presso la struttura sanitaria di riferimento, della strumentazione necessaria per lo svolgimento della normale attività diagnostica e terapeutica può costituire fonte di responsabilità risarcitoria in capo alla struttura stessa per i pregiudizi subiti dal paziente a causa proprio della mancanza di quella strumentazione.
Oggetto dell'obbligazione assunta dalla amministrazione sanitaria infatti non è (solamente) la prestazione medica dei propri dipendenti, ma una più complessa prestazione legislativamente definita come "assistenza sanitaria" oggetto di un contratto atipico, sussumibile nello schema della locatio operis, regolato dai principi generali sui contratti.
Si evidenzia così che a carico della struttura sanitaria gravano non solo prestazioni strictu sensu mediche, di diagnosi e cura, ma anche prestazioni di tipo organizzativo quali, ad esempio, la garanzia di locali salubri ed idonei e, per l'appunto, la presenza (e il funzionamento) di attrezzature adeguate sulla base del raggiunto livello tecnologico.
Il contenuto del contratto di assistenza ospedaliera non si esaurisce in quello (principale) di diagnosi e cura bensì si arricchisce di una serie di obblighi di protezione, per taluno basati sulla buona fede, per altri sulla diligenza nel disporre o predisporre gli strumenti indispensabili all'adempimento dell'obbligazione correlata alla complessità della prestazione; si è cominciato così a parlare di un obbligo di "buona organizzazione" e di una responsabilità dell’ente per le sue disfunzioni organizzative in quanto tali anche a prescindere dalla individuazione di un fatto colposo ascrivibile ad un dipendente.

Per leggere la sentenza clicca qui: 5448 pdf.pdf

Fonte: www.quotidianogiuridico.it

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