lunedì 7 marzo 2016

Risolto il contrasto sull'applicabilità della tenuità del fatto alla guida in stato di ebbrezza

La quarta sezione della corte, con due diverse ordinanze, aveva rimesso in discussione la giurisprudenza della stessa sezione in tema di applicabilità dell’istituto della causa di esclusione della punibilità per tenuità del fatto in caso di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, ora le Sezioni Unite ….
In un primo procedimento all’esame della quarta sezione della Corte il ricorrente aveva lamentato la violazione di legge, chiedendo la riforma dell'impugnata sentenza in relazione alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità introdotta con l’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto).
IL collegio aveva osservato che il citato motivo di ricorso poneva il più ampio problema della compatibilità fra la non punibilità per particolare tenuità del fatto e i reati caratterizzati dalla presenza di soglie di punibilità.
Infatti la questione dell'applicabilità della non punibilità ex art. 131 bis c.p. si pone in ordine a diverse fattispecie criminose, come, a titolo esemplificativo, numerosi illeciti tributari, o alcuni illeciti doganali (si pensi all'art. 295-bis del T.U.L.D. approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), o alcune fattispecie di illeciti societari (artt. 2621 e ss. cod.civ.), o ancora l'art. 316-ter c.p.
Una questione che assume rilievo particolare con riguardo a quelle fattispecie criminose in cui all'individuazione delle "soglie" si accompagna la configurazione di fasce di minore gravità come illecito amministrativo, e di fasce di maggiore gravità come illecito penale.
Una situazione ove, come evidenziava la sezione remittente, la conseguenza sarebbe stata quella per la quale nel caso in cui la condotta rientri nella fascia di perseguibilità penale (e dunque di maggiore gravità), l'applicazione dell'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto avrebbe comportato l'assenza di ogni sanzione, mentre nel caso in cui la condotta si qualifichi come illecito amministrativo (in quanto rientrante in fattispecie di minor gravità), all'autore sarebbero stare applicabili le relative sanzioni.
E’ utile ricordare che la violazione di cui all'art. 186, secondo comma, lettera a) Cod. Strada, che si configura allorché il tasso alcolemico del conducente è compreso fra 0,5 e 0,8 g/I, è sanzionata in via amministrativa (la sanzione pecuniaria va da € 527 a € 2108); le violazioni in cui il tasso alcolemico è superiore (da g/I 0,8 a g/I 1,5 la lettera b; oltre g/I 1,5 la lettera c) costituiscono illecito penale (ed è ovvio che solo in relazione a queste ultime sarebbe applicabile la causa di non punibilità in esame).
La precedente giurisprudenza della sezione aveva ritenuto applicabile al reato di cui all'art. 186, c. 2 lett. b) Cod. strada l’istituto in questione.
Dopo avere osservato che la previsione di più soglie potrebbe porsi in relazione di incompatibilità con il giudizio di particolare tenuità del fatto, i giudici di legittimità avevano in primo luogo rilevato che il legislatore ha posto l'istituto in questione nel contesto della parte generale del codice penale, con evidente intento di attribuirgli valenza non limitata a talune fattispecie di reato.
Ancora era stata segnalata la previsione dell'ultimo comma dell'art. 131 bis cod. pen., per il quale la causa di non punibilità si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.
La Corte aveva così affermato che non appariva seriamente dubitabile che l'istituto potesse trovare applicazione a tutti i reati (anche a quelli che tradizionalmente si indicano come “reati senza offesa”).
Il fatto che il legislatore abbia utilizzato o meno la tecnica della soglia per selezionare classi di ipotesi che, per essere in maggior grado offensive, impongono il passaggio al campo penalistico, non avrebbe pertanto potuto escludere la necessità di verificare se la manifestazione reale e concreta, il fatto specifico descritto dall'imputazione elevata nei confronti di un determinato soggetto, non presenti, rispetto alla cornice astratta, un ridottissimo grado di offensività.
La sezione remittente valutava diversamente che l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. non fosse compatibile con i reati di cui all'art. 186, secondo comma, lettere b) e c) del Codice della Strada.
Il collegio aveva ritenuto che il legislatore, nel disciplinare le tre ipotesi di illecito descritte nel secondo comma dell'art. 186 del codice della strada (la prima ipotesi di natura amministrativa, le altre due di rilievo penale), avesse già "a monte" operato una valutazione di maggiore o minore pericolosità, calibrando l'entità delle rispettive sanzioni (ivi comprese le sanzioni accessorie amministrative) in relazione ad un dato tecnico ben preciso, costituito dal tasso alcolemico.
A fronte di ciò, si osservava in motivazione, nel ravvisare la "particolare tenuità del fatto" con riferimento alle due ipotesi di valenza penale il giudice avrebbe finito per sostituirsi in qualche modo al legislatore, non disponendo di altri o diversi parametri cui poter ancorare motivatamente e ragionevolmente un giudizio dì "tenuità".
Altro argomento a sostegno della diversa posizione illustrata nella ordinanza di rimessione era quello che le contravvenzioni ex art. 186, secondo comma, lett. b) e lett. c), del codice della strada, sono reati di pericolo, e non di danno o evento, con evidenti finalità di prevenzione; con la ulteriore osservazione che in riferimento ai beni tutelati dalle disposizioni che disciplinano i reati di guida in stato di ebbrezza - vale a dire, al pari delle altre norme di comportamento, la regolarità della circolazione e la salvaguardia della sicurezza stradale – non pare potersi ipotizzarsi una gradualità di offesa (da quella "particolarmente tenue" a quella "grave"), dal momento che già il legislatore ha specificamente previsto casi in cui la guida in stato di ebbrezza può assumere connotazioni di particolare allarme e maggior pericolo per la sicurezza stradale, introducendo ad esempio aggravanti quali la guida in orario notturno o di avere provocato un incidente.
In considerazione di quanto sopra la sezione aveva ritenuto di dovere devolvere alle Sezioni unite la questione relativa alla applicabilità o meno dell'istituto della non punibilità per la particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis c.p. (introdotto dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, articolo 1, comma 2) ai reati di cui all'art. 186, secondo comma, lettere b) e c), del Codice della Strada”.
Esigenza condivisa dal Primo Presidente, che, con decreto del 21 dicembre 2015, aveva conseguentemente fissato l’udienza del 25 febbraio 2016 per la soluzione della questione.
Parallelamente la stessa sezione aveva richiesto alle Sezioni unite di pronunciarsi anche sulla ulteriore questione “se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto fosse compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamenti etilometrici”; evidenziando che in questo caso la norma incriminatrice si risolverebbe nel semplice dissenso rispetto all’invito degli organi di polizia a sottoporsi all’esame.
Con le notizie di decisione rese al termine dell’udienza le Sezioni Unite hanno ribadito l’orientamento consolidato della giurisprudenza affermando che l’art 131-bis si applica ad ogni fattispecie criminosa, quindi a che a quelle in esame, a condizione che sussistano i presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla medesima norma.
Con le decisioni del 25 febbraio la Corteha altresì affermato che alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto consegue l'applicazione, demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge.
Di particolare interesse si mostra l’ulteriore passaggio della informazione provvisoria, secondo il quale nei procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione per fatti commessi prima dell'entrata in vigore dell'art. 131-bis cod. pen., la relativa questione (in forza dell'art. 2, quarto comma, cod. pen.) è deducibile e rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen..
Infine le Sezioni Unite aggiungono che la Corte di cassazione, ove riconosca la sussistenza della suddetta causa di non punibilità, la dichiara anche d'ufficio ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata a norma dell'art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen.

Per leggere l'informazione provvisoria clicca qui: [Info4] (importata)

Fonte: www.quotidianogiuridico.it

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