mercoledì 24 febbraio 2016

Divieto di accesso agli stadi per saluti romani e inni fascisti

È legittimo il provvedimento del Questore che ha vietato ad alcuni tifosi, per cinque anni, l'accesso ai luoghi dove si svolgono gli incontri di calcio, perché questi tifosi avevano effettuato il saluto romano, cantato inni fascisti, esibito una svastica e offeso un giocatore della squadra avversaria, precedentemente deceduto, insultandone la memoria (Tar Toscana, sezione 2, sentenza 8 febbraio 2016, n. 218).

Il fatto
Durante un incontro di calcio allo stadio, alcune persone tifose che assistevano all'incontro hanno salutato romanamente, hanno intonato inni fascisti, mostrato una croce uncinata, e offeso un calciatore della squadra avversaria che era conosciuto, e che era precedentemente deceduto.
Il Questore ha vietato a queste persone tifose di calcio di accedere – per cinque anni - ai luoghi dove si svolgeranno incontri di calcio ufficiali e amichevoli, professionistici e per dilettanti.
Queste persone hanno impugnato il provvedimento davanti al Tar, sostenendo, tra l'altro, che:
- in riferimento al saluto romano non era sufficiente l'esibizione di un braccio teso per valutare le capacità effettive di adesione e diffusione, ma era necessario concretizzare o contestualizzare il gesto;
- in riferimento a inni fascisti, essi non rientravano nei presupposti indicati tassativamente dalla legge per l'irrogazione del provvedimento;
- non è stata motivata la quantificazione temporale di questo divieto.
Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio, e – dopo il dibattimento – il Tar ha emanato la sentenza, che ha respinto il ricorso.
La decisione
La sentenza ha richiamato la precedente giurisprudenza sui Daspo e l'articolo 6, comma 1, della legge 491/1989, che prevede la «… condotta, sia singola sia di gruppo, evidentemente finalizzata … a creare turbative per l'ordine pubblico».
Il presupposto per l'applicazione della misura è stato perciò individuato nell'ordine pubblico, e si è ritenuto che non era necessario che si verificassero in concreto dei disordini. In questo parametro normativo può essere collocata l'esibizione del saluto romano, che poteva «provocare scontri con la tifoseria opposta, data la notoria collocazione politica della città». Anche i cori oltraggiosi alla memoria di un giocatore, che era deceduto e che era conosciuto «di opposta fede politica», sono stati fatti rientrare in questo parametro. Infine, la durata della misura applicata (cinque anni), in relazione alla gravità del fatto, non è stata ritenuta irragionevole.
La valutazione della sentenza
La sentenza merita approvazione. Essa ha applicato una norma di legge che prevede le turbative all'ordine pubblico. Questo concetto di ordine pubblico deve essere considerato in riferimento all'ambito temporale e spaziale in cui si svolgono le partite di calcio, dove talvolta – come nel caso di specie - l'agonismo sportivo è intrecciato con l'antagonismo politico. In conseguenza, determinati gesti, canti, atteggiamenti, possono far sorgere negli altri spettatori di opposta fede politica dei sentimenti di animosità, e si può verificare la concreta possibilità che avvengano fatti di violenza, idonei a turbare l'ordine pubblico. In contrario a quanto esposto si potrebbe obiettare che questi gesti e canti sono l' espressione di un «pensiero» di carattere politico, che è tutelato dall' articolo 21 della Costituzione, che stabilisce: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altri mezzo di diffusione», e l' unico divieto, previsto nell'ultimo comma, riguarda «le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume». Quindi – si potrebbe sempre obiettare - questi saluti o canti sono libere manifestazioni del pensiero, e non possono essere considerati come presupposti per l'irrogazione di un Daspo. Ma l'obiezione non sarebbe persuasiva.
A parte i divieti stabiliti dalla legge per le manifestazioni di carattere fascista (legge 20 giugno 1952, n. 645), si deve notare che la libertà di pensiero è legittima e tutelata quando essa fa sorgere nell' ascoltatore un altro pensiero.
Se invece la manifestazione di pensiero fa sorgere nell'ascoltatore un'azione, si è al di fuori della manifestazione del pensiero, ed essa può essere vietata.
Da qui il divieto di canti, gesti, atteggiamenti che possono far sorgere sentimenti di odio, disordini, turbative ecc., e che possono incidere sull' ordine pubblico.
Si pensi al seguente esempio. Una persona, in teatro affollato dove non vi è alcun incendio, grida, per suo divertimento: «al fuoco!». Ciò fa sorgere panico, confusione e pericolo per l'affollamento alle uscite, e può verificarsi anche qualche ferimento o decesso. Questa persona non potrebbe invocare, per questo suo grido pericoloso e sconsiderato, la libertà di manifestazione del pensiero.
Le conseguenze per altri casi di Daspo
La sentenza è quindi da condividere, ed è importante anche per casi simili che possono sorgere in occasione di avvenimenti sportivi, che dovranno essere risolti nel parametro della possibilità che vi sia turbamento dell'ordine pubblico.
Quest' ultimo non deve essere valutato in generale, ma deve essere considerato in riferimento a quell' ordine che deve essere mantenuto in occasione delle riunioni delle persone che intendono assistere pacificamente alle competizioni calcistiche.

Fonte: www.ilsole24ore.com//Divieto di accesso agli stadi per saluti romani e inni fascisti

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