mercoledì 30 dicembre 2015

Testo fotocopiato e messo in vendita: condanna per il titolare della copisteria

Fotocopie a raffica. Riprodotte ben trenta opere letterarie, destinate alla didattica. Sanzione inevitabile per il titolare della copisteria. Non è proponibile la linea difensiva dell’uomo: irrilevante il fatto che il costo di ogni singola opera in vendita fosse pari al costo complessivo delle fotocopie totali eseguite (Cassazione, sentenza 47590/15).

Il caso

Nessuna discussione sulla condotta del titolare della copisteria. Acclarato che egli ha «riprodotto, a fine di lucro, in copie fotostatiche trenta opere letterarie complete». Di conseguenza, è inevitabile, per i giudici di merito, la condanna per la violazione della normativa sul diritto d’autore. Secondo il legale del commerciante, però, va tenuto presente che, nonostante la «abusività della duplicazione», è mancato completamente il «lucro». Ciò perché «le opere erano poste in vendita ad un prezzo che non superava il costo ordinario del numero delle fotocopie eseguite per la riproduzione dell’opera». Invece, sempre ragionando in ottica difensiva, «il fine di lucro sarebbe stato evidenziabile» solo laddove il commerciante «avesse praticato, in ragione del contenuto della fotocopia, trattandosi di opera coperta dal diritto d’autore, un sovrapprezzo ulteriore rispetto all’ordinario costo della fotocopia».

Ma l’obiezione proposta dal legale si rivela inutile. Per i giudici della Cassazione, difatti, è non discutibile la condanna nei confronti del titolare della copisteria. In premessa, viene ribadita la «natura abusiva della duplicazione delle opere», alla luce della mancanza del «cosiddetto ‘bollino Siae’». Subito dopo, però, i magistrati respingono anche l’ipotesi della assenza di «lucro» nella condotta del commerciante, soprattutto perché è evidente la «destinazione alla vendita» dei «volumi indebitamente riprodotti». Peraltro, anche se «il prezzo di vendita fosse stato prossimo o anche coincidente con quello praticato per il mero servizio di fotocopiatura», aggiungono i giudici, comunque la «finalità commerciale» sarebbe stata sufficiente per desumere il «fine di lucro» che non va identificato come «una sorta di plusvalenza rispetto al prezzo di mercato dell’altro analogo servizio» di fotocopiatura «svolto lecitamente».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Testo fotocopiato e messo in vendita: condanna per il titolare della copisteria - La Stampa

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