domenica 13 dicembre 2015

Libretto postale sequestrato per ricettazione: non serve che il denaro provenga dal reato

Sono legittimamente confiscabili i beni e le altre utilità di cui il condannato per determinati reati non possa giustificare la provenienza, senza che rilevi se tali beni siano o meno derivanti dal reato per cui è stata pronunciata condanna. Lo ha confermato la Cassazione con la sentenza 42005/15.

Il caso

Il gip aveva disposto il sequestro preventivo del libretto postale intestato ad un uomo in relazione al reato di ricettazione. L'uomo propone istanza di riesame contro il decreto, che è respinta dal Tribunale. Per la cassazione di tale ordinanza ricorre l’uomo, lamentando di aver dimostrato la provenienza lecita di parte del denaro sequestrato, mentre la restante somma doveva ritenersi compatibile con la regolare presenza del ricorrente e della sua compagna sul territorio nazionale in relazione ai redditi leciti da entrambi prodotti.

Gli Ermellini hanno in primis chiarito che il sequestro nel caso di specie è stato disposto ai sensi degli artt. 321 c.p. (Pene per il corruttore) e 12 sexies l. n. 356/1992 (Ipotesi particolari di confisca), che prevede in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per una serie di reati - fra i quali la ricettazione -, la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, ove sia provata, da un lato, l’esistenza di una sproporzione fra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica ed il valore economico di detti bene e, dall’altro, che non vi sia una giustificazione credibile in ordine alla provenienza dei suddetti beni.

Non rileva che i beni derivino dal reato per cui è pronunciata la condanna. Ancora più specificatamente, continuano i Giudici di Piazza Cavour, sono legittimamente confiscabili a norma del succitato art. 12 sexies i beni e le altre utilità di cui il condannato per determinati reati non possa giustificare la provenienza, senza che rilevi se tali beni siano o meno derivanti dal reato per cui è stata pronunciata condanna. Il legislatore, infatti, ha introdotto una presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, che può peraltro essere superata per mezzo di una giustificazione circa la legittimità della provenienza dei beni da parte dei soggetti che hanno la titolarità o la disponibilità dei beni; per assolvere tale onere, da un lato, basta che sia fornita la prova di un rituale acquisto, essendo necessario che i mezzi impiegati per il relativo negozio derivino da legittime disponibilità finanziarie, e, dall’altro, non si richiede che gli elementi allegati siano idonei ad essere valutati secondo le regole civilistiche sui rapporti reali, possessori o obbligazionari, ma solo che essi, valutati secondo il principio della libertà della prova e del libero convincimento del giudice, dimostrino una situazione diversa da quella presunta. Un tale quadro, quindi, concludono dal Palazzaccio, se non implica la «sufficienza di prospettazioni meramente plausibili», neppure «coincide con un concetto di rigorosa prova». Con riferimento al caso di specie, la Corte territoriale ha fornito motivazione logica e congrua, basata su motivazioni insindacabili in sede di legittimità, e pertanto il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso in esame.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Libretto postale sequestrato per ricettazione: non serve che il denaro provenga dal reato - La Stampa

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