La Cassazione (sentenza 42395/15) ha ribadito il principio per cui integra il delitto di furto tentato e non consumato la condotta avvenuta sotto il costante controllo del personale incaricato della sorveglianza, poiché in tal caso non può ritenersi realizzata la sottrazione della cosa, conservando il possessore originario una relazione con il bene e potendo il medesimo in ogni momento interrompere l’azione delittuosa.
Il caso
Il Tribunale, all’esito del giudizio abbreviato, riteneva una donna responsabile di furto aggravato dall'uso di mezzo fraudolento e la Corte d’appello confermava tale decisione. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione la donna, lamentando che la Corte di merito avrebbe erroneamente escluso la sussistenza del delitto tentato in favore del reato di furto consumato, nonostante fosse stato predisposto un servizio di osservazione sia all’interno che all’esterno del bar ove erano avvenuti i fatti per cui è causa e un carabiniere, all’interno del deposito, avesse osservato l’imputata prelevare in più occasioni diverse stecche di sigarette.
Inoltre, la ricorrente deduceva che i giudici di secondo grado avevano erroneamente ritenuto integrata l’aggravante dell’uso di mezzo fraudolento. Il controllo costante del personale di sorveglianza impedisce la consumazione del delitto. Gli Ermellini hanno ritenuto fondata la prima censura mossa dal ricorrente. Sul punto, i Giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che secondo la giurisprudenza di legittimità integra il delitto di furto tentato e non consumato la condotta di colui che prelevi merce dai banchi di un supermercato e superi le casse sottraendosi al pagamento, se il fatto avviene sotto il costante controllo del personale incaricato della sorveglianza, poiché in tal caso non può ritenersi realizzata la sottrazione della cosa, conservando il possessore originario una relazione con il bene e potendo il medesimo in ogni momento interrompere l’azione delittuosa.
Non solo, le Sezioni Unite del Supremo Collegio hanno affermato il principio secondo cui, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio dell’azione furtiva in essere, realizzato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo.
L’uso di una chiave falsa integra l’aggravante. Non può, invece attribuirsi pregio alla seconda doglianza svolta dal ricorrente, continuano da Piazza Cavour, ben potendo l’uso di una chiave falsa costituire escogitazione capace di sorprendere la volontà contraria del proprietario e vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa delle proprie cose. Nel caso di specie, poi, l’imputata non solo aveva aperto la porta del magazzino di un bar con una chiave falsa, ma aveva altresì provveduto a richiuderla per evitare che il titolare si accorgesse dell’intrusione. Per quanto sopra esposto, la Corte ha riqualificato il fatto di reato come furto tentato.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Ruba nel magazzino di un bar, ma i Carabinieri non la perdono di vista: è furto tentato e non consumato - La Stampa
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lunedì 9 novembre 2015
Ruba nel magazzino di un bar, ma i Carabinieri non la perdono di vista: è furto tentato e non consumato
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