In tema di atti persecutori, è irrilevante che l’occasione per la consumazione di qualcuno, o anche di tutti, gli atti della serie persecutoria sia stata meramente casuale: ciò che conta, infatti, è solo la consapevolezza da parte dell'agente dell'abitualità della condotta. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza 43085/15.
Il caso
Il Tribunale del riesame annullava il provvedimento con cui era stata applicata ad un uomo la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di atti persecutori. Contro l'ordinanza ricorre il Procuratore della Repubblica, lamentando che il provvedimento impugnato, pur ritenendo sussistenti le ripetute minacce e molestie ai danni della persona offesa, aveva escluso che fosse integrato il requisito della reiterazione della condotta necessario per la sussistenza del delitto di atti persecutori.
Sul punto, gli Ermellini hanno precisato per escludere che le condotte poste in essere dall’imputato possano integrare il requisito di reiterazione che caratterizza la condotta tipica del reato in contestazione – realizzabile, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche attraverso la consumazione di due soli atti di molestia o minaccia -, i giudici del riesame avrebbero dovuto spiegare, senza limitarsi all’affermazione apodittica, per quali ragioni il tempo trascorso tra i singoli atti debba ritenersi di per sé indicativo della loro autonomia e non sintomo dell’abitualità del comportamento dell’indagato, soprattutto in forza della constatazione che la norma incriminatrice a tal fine non richieda in alcun modo che lo stillicidio di intrusioni nella vita della vittima del reato abbia particolari cadenze.
Inoltre, continuano i Giudici di Piazza Cavour, il Tribunale ha sostenuto il difetto di tipicità della condotta sul presupposto dell’asserita casualità di alcuni degli incontri tra il ricorrente e la persona offesa, che hanno costituito l’occasione per realizzare alcuni degli atti persecutori. I giudici del riesame, dunque, hanno sostanzialmente affermato che minacce e molestie, per essere tipiche, devono essere in qualche modo preordinate. In realtà tale requisito di tipicità non è in alcun modo previsto dalla norma incriminatrice, né può ritenersi riflesso dell’elemento soggettivo richiesto per la sussistenza del reato.
La giurisprudenza del Supremo Collegio, ricordano infatti dal Palazzaccio, ha chiarito che «l’elemento soggettivo degli atti persecutori è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza dell’idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice»; l’elemento soggettivo, inoltre, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo «un’intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica», anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l’agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi. È pertanto irrilevante che l’occasione per la consumazione di qualcuno, o anche di tutti, gli atti della serie persecutoria sia stata meramente casuale: ciò che conta, infatti, è solo la consapevolezza da parte dell'agente dell'abitualità della condotta. Per tutte le ragioni sopra esposte, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Minacce e molestie sono atti persecutori anche se avvengono in occasione di incontri casuali - La Stampa
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giovedì 12 novembre 2015
Minacce e molestie sono atti persecutori anche se avvengono in occasione di incontri casuali
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