La Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado e giudicava colpevole un uomo per il delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione della normativa sulla circolazione stradale. Il condannato aveva, per colpa specifica, tenuto una velocità molto maggiore al limite consentito e, ad ogni modo, inadeguata al contesto e, per colpa generica, aveva violentemente tamponato un’autovettura che lo precedeva, procurando la morte della conducente a causa delle gravissime lesioni riportate. L’imputato propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivazioni. Innanzitutto si sostiene che la dinamica del sinistro sia stata ricostruita erroneamente.
L’imputato ritiene di non aver potuto evitare l’impatto: un’autovettura in panne si trovava nella corsia centrale dell’autostrada; l’autocarro che precedeva entrambe le autovetture coinvolte nell’incidente, dopo aver avviato una manovra a sinistra, si era spostato nella corsia di destra e la vittima, a velocità ridotta, aveva cominciato a superare il mezzo fermo, occupando la corsia di destra. Nel secondo motivo il condannato sostiene che la velocità tenuta non era di 180 km/h, ma di 130 km/h, nel rispetto dei limiti. Infatti si ritiene che la maggior velocità stimata sia frutto di mere congetture, sensazione dei testimoni e risultato di accertamento tecnico non risolutivo.
Infine, nel terzo motivo si specifica che non vi era ragione per tenere una velocità inferiore al massimo consentito e per questo non si poteva addebitare l’evento all’imputato che non poteva evitarlo: la visuale era coperta e non poteva fronteggiare l’improvviso rallentamento dei veicoli che lo precedevano. Nel ricorso si precisa, inoltre, che la Corte di merito non ha preso in considerazione la condotta colposa della vittima e non ha dimostrato che, pur ammettendo una velocità maggiore al limite, a 130 km/h l’incidente sarebbe stato evitato. La Corte ritiene il ricorso infondato: i motivi propongono una versione dell’incidente totalmente congetturale che la rende priva di richiami processuali e sfornita di apprezzabile specificità. La Cassazione infatti reputa la motivazione dei giudici di merito logica e coerente.
Il fatto che l’imputato, alla guida della potente autovettura, marciasse a velocità palesemente eccessiva risulta ampiamente dimostrato sia dalle risultanze univoche dell’accertamento tecnico che dalle dichiarazioni testimoniali e dalle impressionanti conseguenze procurate dall’impatto. Risulta provata anche la circostanza per cui se l’imputato avesse tenuto il massimo della velocità astrattamente consentita l’urto sarebbe stato evitato o, comunque, avrebbe avuto conseguenze assai minori.
E se i limiti di velocità fossero rispettati? La Corte, nonostante ritenga i motivi di ricorso infondati, si concede a un ragionamento puramente teorico. Sottolinea, infatti, che, anche se l’imputato marciasse alla velocità massima, sarebbe comunque in colpa. Infatti una tale velocità presuppone che la visuale autostradale sia libera per un lungo tratto, in modo da permettere una tempestiva ed approfondita ispezione, assicurare un’eventuale manovra di emergenza e, in ogni caso, mantenere una distanza di sicurezza che sia ovviamente proporzionale all’elevata velocità tenuta e al corrispondente spazio di frenata necessario.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Incidente mortale in autostrada: l’eventuale rispetto dei limiti di velocità non esclude la colpa - La Stampa
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giovedì 10 settembre 2015
Incidente mortale in autostrada: l’eventuale rispetto dei limiti di velocità non esclude la colpa
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