mercoledì 5 agosto 2015

Risarcimento del danno, la condanna non può superare la domanda

Quando l'attore abbia indicato "esattamente e senza incertezze" la somma richiesta a titolo di risarcimento del danno, il giudice di merito non può pronunciare condanna per un importo superiore. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Palermo, sentenza del 25 febbraio 2015 n. 288, accogliendo l'appello di un comune siciliano e chiarendo che la condanna ad una somma maggiore da parte del Tribunale viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (articolo 112 del Cpc).

La vicenda - In primo grado, il comune di Partinico era stato condannato al pagamento di 9.134,49 euro, a titolo di risarcimento per il danno subito da un privato all'interno del proprio fondo, a causa di infiltrazioni d'acqua provenienti da una canale di scolo realizzato dall'ente. Il municipio però aveva proposto appello lamentando il vizio di ultra-petizione per via della condanna "al pagamento di una somma (euro 9.134,39) superiore a quella specificamente indicata dall'attore (euro 5.012,00)".

Termini di impugnazione - Il proprietario del terreno, in primis, ha eccepito l'inammissibilità dell'impugnazione per il decorso dei termini ma la Corte di secondo grado, rifacendosi ad un precedente di Cassazione, ha bocciato il motivo chiarendo che "non è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione la notifica della sentenza effettuata al comune, parte in causa, in persona del sindaco e presso la casa comunale, ove l'organo è domiciliato per la carica, in assenza di qualunque richiamo al procuratore dell'ente, anch'egli domiciliato presso la casa comunale, in quanto la sola identità di domiciliazione non assicura che la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l'opportunità dell'impugnazione" (Cass. n. 9843/2014).

La motivazione - Sul punto specifico, invece, la Corte ha ricordato che la somma richiesta dall'attore in primo grado, era stata confermata anche a seguito dell'espletamento della Ctu. Per cui, argomenta la sentenza, non è pertinente il richiamo a quella giurisprudenza che consente la condanna di un importo maggiore rispetto a quello domandato, "sempre che l'attore abbia fatto riferimento ad un eventuale accertamento in tal senso, poi verificatosi all'esito dell'attività istruttoria". E, conclude, neppure ricorre la diversa ipotesi, in cui l'importo maggiore sia stato richiesto dall'attore all'esito dell'attività istruttoria. Per cui, in riforma della sentenza, la Corte ha ridotto a 5.012 euro l'importo da corrispondere.

fonte: www.ilsole24ore.com//Risarcimento del danno, la condanna non può superare la domanda | Le Notizie di Ristretti

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