sabato 4 luglio 2015

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: le linee guida della Procura di Palermo

1. Pubblichiamo le linee guida della Procura di Palermo in tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, istituto disciplinato dal nuovo art. 131-bis c.p., introdotto con d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 (v. già, in questa Rivista, le linee guida della Procura di Lanciano e della Procura di Trento). Le linee guida della Procura di Palermo affrontano alcuni dei principali profili problematici della nuova disciplina. Nel documento si prendono in esame, in particolare, tanto i profili sostanziali quanto i profili processuali dell'istituto. 
2. In relazione ai profili sostanziali, si evidenzia come il nuovo istituto si caratterizzi per la natura di causa di non punibilità di "respiro generale", non legata al verificarsi di particolari accadimenti o alla sussistenza di specifiche relazioni, che giustificano la rinuncia all'inflizione di una pena e soprattutto non riguarda solo singoli o specifici reati, potendo in astratto applicarsi a tutte le fattispecie - delittuose o contravvenzionali - che rientrano, quanto alla loro gravità, nei limiti fissati dalla norma.
2.1. In merito al criterio di selezione dell'ambito di applicazione del nuovo art. 131-bis, basato sul massimo edittale - reati puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva non superiore, nel massimo, a 5 anni -, nelle linee guida si sottolinea tra l'altro, in relazione ai criteri per l'individuazione della cornice edittale, che ai sensi del co. 4 non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge prevede una pena diversa da quella ordinaria e le circostanze ad effetto speciale, rispetto alle quali, però, il giudice non può procedere al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. In proposiot si rileva che:
- qualora la recidiva contestata (che di per sé non è ostativa all'applicazione dell'art. 131-bis, come si dirà oltre) comporti un aumento superiore a un terzo essa va presa in considerazione per il calcolo del massimo edittale, in quanto va considerata alla stregua di una circostanza ad effetto speciale;
- qualora ricorra una sola circostanza attenuante ad effetto speciale va effettuata una ideale diminuzione di un giorno, qualora non sia previsto un minimo di diminuzione, mentre si dovrà applicare la diminuzione minima, ove essa sia indicata;
- in caso di concorso di circostanze rilevanti ai sensi del co. 4, si applica l'art. 63 c.p., per cui, se eterogenee, si effettuerà la diminuzione sulla pena prevista per l'aggravante ad effetto speciale, se omogenee, l'aumento o la diminuzione opererà una sola volta, dal momento che gli ulteriori aumenti o diminuzioni riacquistano effetto ordinario e non rilevano ai sensi dell'art. 131-bis co. 4.
2.2. Nelle linee guida qui allegate si sottolinea poi che la disposizione di cui al co. 5 - che stabilisce l'applicabilità dell'art. 131-bis anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante - non ha funzione estensiva dell'ambito di applicazione della nuova causa di esclusione della punibilità, ma è intesa esclusivamente a precisare la compatibilità tra il nuovo istituto e le fattispecie in relazione alle quali la particolare tenuità è già oggetto di una circostanza attenuante (es: art. 323-bis c.p.). In proposito, inoltre, nelle linee guida si ritiene che il discrimine tra la sussistenza della circostanza e l'esclusione della punibilità non si fondi solo sul riscontro di un "quantum nel fatto di tenuità tale da premiare l'irrilevanza penale e non già la mera riduzione di pena". Piuttosto, lo spartiacque tra le due ipotesi risiede nella diversità dei parametri cui il giudice deve fare riferimento per la valutazione di tenuità: per giungere ad una pronuncia ex art. 131-bis il giudice non potrà liberamente valutare la particolare tenuità, come invece farebbe per l'applicazione della diminuzione di pena, ma dovrà fare rigoroso riferimento a tutti i parametri indicati dalla nuova disciplina.
2.3. In relazione ai presupposti applicativi, la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento - che, si legge nelle linee guida, "si pongono in rapporto di cumulo necessario" - si osserva che:
A) la valutazione dell'elemento della particolare tenuità dell'offesa, che si articola, a sua volta, in due indici-criteri - le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo - deve essere effettuata sulla base dei parametri contenuti nell'art. 133 co. 1 c.p., espressamente richiamato dall'art. 131-bis, ed in particolare, si sottolinea che:
- per la valutazione delle modalità della condotta vengono in rilievo i criteri indicati ai numeri 1 (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell'azione) e 3 (intensità del dolo e grado della colpa) dell'art. 133 co. 1 c.p., per cui il giudizio dell'elemento soggettivo del reato non è affatto estraneo alla portata operativa dell'art. 131-bis[1];
- l'indice-criterio dell'esiguità del danno o del pericolo va valutato avendo riguardo al n. 2 dell'art. 133 co. 1 (gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa). In merito nelle linee guida si sottolinea che dal confronto tra le due disposizioni (art. 131-bis co. 1 e art. 133 co. 1 n. 2) si nota che la portata dell'art. 131-bis è più ampia di quanto potrebbe prima facie apparire e comprende anche fattispecie di reato prive di una persona offesa e, probabilmente, anche di un danno risarcibile;
B) in relazione al presupposto della non abitualità del comportamento, nelle linee guida viene effettuata un'osservazione preliminare: il termine "comportamento" utilizzato dalla legge è diverso e più ampio rispetto a quello di "fatto", per cui al fine della valutazione del presupposto in esame vengono in rilievo anche le condotte antecedenti e successive alla commissione del fatto. Si osserva, inoltre, che la problematica previsione di cui al co. 3 - che prevede una serie di tre ipotesi in cui il comportamento deve necessariamente ritenersi abituale - necessita di essere riempita di significato. In particolare:
1) in relazione alla prima ipotesi - l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza - si rileva che, pur in presenza di una disciplina che sia applica sia ai delitti che alle contravvenzioni, non vi è menzione, accanto al delinquente abituale, del contravventore abituale, che quindi non potrà vedersi automaticamente preclusa l'applicazione dell'art. 131-bis, preclusione che, però, si fonda sulla successiva ipotesi di esclusione;
2) rispetto al secondo caso di esclusione della non abitualità del comportamento - commissione di più reati della stessa indole - nelle linee guida si afferma che la disposizione si riferisce a reati che rientrano nella previsione dell'art. 101 c.p. e comprendono:
- ipotesi di recidiva reiterata e specifica;
- ipotesi di commissione di più reati della stessa indole, anche se in relazione ad essi non sia intervenuta sentenza di condanna, ma sia stata esercitata l'azione penale (nelle linee giuda si ipotizza inoltre, pur nella consapevolezza delle connesse criticità, che possano essere presi in considerazione, al fine di valutare la commissione di più reati della stessa indole, anche fatti ancora oggetto di indagine);
3) la terza preclusione attiene alla commissione di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate e si riferisce a:
- reati necessariamente abituali, mentre possono essere dichiarati non punibili ex art. 131-bi i c.d. reati eventualmente abituali, che possono anche essere commesso con un solo atto tipico della condotta incriminata (es: art. 348 c.p.);
- reati a condotta reiterata (es: art. 659 c.p.), che si consumano con la ripetuta realizzazione di una medesima azione omogenea, ma non caratterizzata dalla cesura temporale che connota i reati abituali;
- reati a condotta plurima (es. art. 485 c.p.), che per la consumazione richiedono che l'agente ponga in essere più azioni.
Sempre in tema di non abitualità del comportamento, in un'ottica di valorizzazione del rilievo contenuto nella relazione allo schema di decreto, nella quale si precisa che la presenza di un precedente giudiziario non sia di per sé ostativa all'applicazione dell'art. 131-bis, nelle linee guida si ritengono opportune alcune osservazioni:
- potrebbero rientrare nella disposizione di cui al co. 3 ultima parte (n. 3) anche le ipotesi di concorso formale di reati[2] e del reato continuato, tuttavia nelle linee guida si specifica che, qualora si tratti di due soli reati, residua al giudice un margine di valutazione della sussistenza del requisito della non abitualità del comportamento (a meno che si tratti di reati della stessa indole[3]), che dovrà prestare particolare attenzione, nell'effettuare il giudizio di abitualità di reati in continuazione, all'intervallo di tempo intercorso tra di essi;
- rispetto all'ipotesi della recidiva - che di per sé non ostacola una pronuncia ex art. 131-bis, purché i reati non siano della stessa indole, e se plurima costituisce "fattore antagonista" rispetto ad un simile esito -, nelle linee guida si osserva che essa rileva, in senso negativo, sotto un duplice profilo: da un lato, se comporta un aumento della pena superiore ad un terzo, deve essere presa in considerazione nella determinazione della cornice edittale funzionale a verificare che la fattispecie contestata rientri nell'ambito di applicazione del nuovo istituto e, dall'altro, per la valutazione dell'abitualità del comportamento, rispetto alla quale, ancora una volta, va tenuto conto l'intervallo di tempo intercorso tra la commissione dei due reati.
3. Nelle linee guida vengono, inoltre, analizzati i principali profili processuali del nuovo istituto, rispetto ai quali vengono messi subito in luce il ruolo della persona offesa, cui spetta una capacità di interlocuzione in tutte le fasi decisorie, e la mancata modifica dell'art. 129 c.p.p.[4], che non consente la pronuncia ex art. 131-bis in ogni stato e grado del procedimento, ma solo nelle fasi decisorie, e che incide, di riflesso, su altri profili, di cui si dirà a breve.
3.1. Rispetto alla nuova ipotesi di archiviazione per non punibilità della persona sottoposta alle indagini per particolare tenuità del fatto, due sono i profili di interesse:
a) avviso obbligatorio all'indagato e alla persona offesa della richiesta di archiviazione, rispetto al quale si precisa che:
- l'avviso alla persona offesa deve essere effettuato a prescindere da una sua formale richiesta ai sensi dell'art. 408 c.p.p.[5];
- l'avviso non deve anche essere notificato al difensore della persona offesa, ad eccezione dell'ipotesi disciplinata dall'art. 33 disp. att. c.p.p. (elezione del domicilio ex lege presso il difensore nominato);
- in caso di reato plurioffensivo l'avviso deve essere effettuato non solo al titolare del bene giuridico tutelato, ma anche alla persona fisica su cui cade l'azione;
b) indagato e persona offesa, ricevuto l'avviso della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, dispongono di dieci giorni per prendere visione degli atti e proporre opposizione - disciplinata al nuovo co. 1-bis dell'art. 411 c.p.p.: nelle linee guida, rilevato il difetto di coordinamento con l'art. 408 co. 3-bis c.p.p. - che prevede, per la persona offesa, un termine di venti giorni nel caso di delitti commessi con violenza alla persona -, si ritiene ragionevole affermate che anche nel caso di opposizione alla richiesta di archiviazione ex art. 131-bis, nei casi indicati dall'art. 408 co. 3-bis c.p.p., sia di venti giorni[6].
Nelle linee guida si sottolinea, infine, che l'archiviazione per particolare tenuità del fatto ha carattere residuale rispetto alle altre ipotesi di archiviazione, sia di merito che di rito, in ragione del fatto che presuppone la sussistenza di un fatto tipico offensivo e produce conseguenze negative in capo all'indagato, consistenti nella iscrizione nel casellario, che potrebbe fondare l'esclusione di una successiva applicazione dell'art. 131-bis (art. 3 d.P.R. n 313/2002, come modificato dal d.lgs. n. 29/2015).
3.2. Nelle linee guida si affronta anche il problema della compatibilità del nuovo istituto con i divieti di cui agli artt. 385 e 273 co. 2 che prevedono, rispettivamente, il divieto di arresto e fermo e di applicazione di una misura cautelare personale quando il fatto è stato commesso in presenza di una causa di non punibilità. In merito, si esprime la volontà di formire un'interpretazione conforme alla volontà del legislatore delegato, che nella Relazione precisa che la "disciplina processuale non può essere quella 'comune' delle cause di non punibilità" ed in particolare:
a) quanto alle misure pre-cautelari, si esclude l'operatività tout court del divieto contenuto nell'art. 385 c.p.p., sulla base di tre ordini di ragioni:
- la pronuncia di non punibilità per particolare tenuità del fatto può avvenire solo nelle fasi decisorie del procedimento - tanto che non è stato modificato l'art. 129 c.p.p. che avrebbe consentito tale pronuncia "in ogni stato e grado" -, solo all'esito del contraddittorio instaurato con l'imputato e con la persona offesa ed è frutto di un articolato giudizio da parte del giudice. Per queste ragioni si ritiene difficile che la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis possa operare ed essere apprezzata da parte della polizia giudiziaria nella fase pre-cautelare;
- nella cornice edittale che consente di dichiarare la non punibilità per particolare tenuità del fatto rientrano anche fattispecie, quale il tentato furto in abitazione, per le quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza;
- nelle ipotesi dell'arresto facoltativo la polizia giudiziaria, per l'esercizio del potere discrezionale, deve tenere conto, alternativamente, della gravità del fatto o della pericolosità del soggetto, per cui è possibile che il solo ricorso al secondo parametro giustifichi l'arresto, anche in presenza di un fatto lieve;
b) anche in ambito cautelare si ritiene che non operi automaticamente il divieto di cui all'art. 273 co. 2 c.p.p., ma l'accesso alla misura cautelare personale debba essere calibrato sulla base del principio proporzionalità di cui all'art. 275 co. 2 c.p.p.
4. Le linee guida della procura di Palermo affrontano anche due delle principali questioni problematiche poste dal nuovo istituto: l'applicabilità ai reati per i quali la legge prevede soglie di punibilità, come i reati tributari, e l'applicabilità nell'ambito del procedimento davanti al giudice di pace.
4.1. Rispetto al problema dell'applicabilità dell'art. 131-bis a reati che prevedono soglie di punibilità, si adotta una soluzione che non escluda a priori l'operatività del nuovo istituto per il solo fatto che si tratta di ipotesi in cui è lo  stesso legislatore ad aver effettuato una precisa scelta di politica criminale in relazione alla punibilità, ma si propone di considerare attentamente ciascun caso, dando spazio alla valutazione di tutti gli elementi posti alla base della particolare tenuità ex art. 131-bis, senza fermarsi al mero rilievo di un esiguo superamento dei valori limite. In altri termini, si legge nelle linee guida, l'analisi delle "modalità della condotta" deve sempre prevalere rispetto al peso da attribuire al superamento delle soglie. Tale scelta interpretativa, si osserva, potrebbe condurre ad antinomie nel sistema, derivanti dall'anomala disparità di trattamento ai danni di coloro che commettono fatti che si collocano al di sotto delle soglie, ai quali verrebbe applicata una sanzione amministrativa, mentre gli autori di fatti che superano di poco la soglia, andrebbero esenti da qualsiasi sanzione. Tuttavia, si sottolinea nelle linee guida, la portata di tali possibili antinomie può essere stemperata valorizzando la disposizione di cui all'art. 129 disp. att. c.p.p., che disciplina l'avviso del provvedimento di archiviazione ai titolari delle azioni disciplinari e contabili: questo meccanismo consentirebbe all'autorità preposta l'irrogazione della sanzione amministrativa.
4.2. Nelle linee guida si richiama l'attenzione sul fatto che la questione dell'applicabilità del nuovo istituto ai reati che prevedono soglie di punibilità, con le conseguenti accennate antinomie di sistema, non si pone con riferimento ai reati tributari, per i quali la disciplina di settore prevede un meccanismo che rende possibile l'applicazione delle sanzioni amministrative altrimenti non irrogabili in ragione del principio di specialità. In particolare, l'art. 21 d.lgs. n. 74/2000 stabilisce che "L'ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato" e che l'irrogazione delle sanzioni sanzione resta sospesa e rimane subordinata alla condizione che il procedimento penale venga definito con un provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto e quindi - si legge nelle linee guida - anche ex art. 131-bis c.p.
4.3. In ragione della non esclusione espressa dell'operatività dell'istituto nel procedimento davanti al giudice di pace - nel quale è prevista una disposizione simile, l'art. 34 d.lgs. 274/2000 - e delle differenze tra i due istituti, sotto il profilo della natura, nonché dei presupposti applicativi e della disciplina processuale, nelle linee guida si ritiene che la nuova causa di non punibilità sia applicabile "negli aspetti non assorbiti dai parametri indicati al citato art. 34".
5. Da ultimo, nelle linee guida si precisa, in tema di responsabilità da reato degli enti, che dal momento che per la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è stata inserita una disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 8 d.lgs. 231/2001 - in virtù del quale la responsabilità dell'ente sussiste anche quando il reato si estingue per causa diversa dall'amnistia - l'archiviazione per la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis si estende anche alla persona giuridica.
[1] Nello stesso senso Trib. Milano, 9 aprile 2015, n. 3936, giud. Tremolada, in questa Rivista, 21 maggio 2013, le Linee guida della Procura di Trento, in questa Rivista, 18 giugno 2015 e le Linee guida della Procura di Lanciano, in questa Rivista, 3 aprile 2015.
[2] In relazione all'applicabilità del nuovo istituto alle ipotesi di concorso formale di reati era stata rimessa una questione alle Sezioni Unite (in questa Rivista, 11 maggio 2015), che però non verrà esaminata, per disposizione del Primo Presidente, di cui avevano dato notizia in questa Rivista, 27 maggio 2015.
[3] Di contrario avviso Trib. Milano, 16 aprile 2015, n. 4195, giud. Tremolada, in questa Rivista, 21 maggio 2013, che sottolinea come anche in questo caso, al giudice residui un margine di valutazione della particolare tenuità di ciascun reato in concorso formale o unito dal vincolo della continuazione, in ragione della mancata reiterazione a proposito dell'ultima ipotesi di esclusione del co. 3, dell'inciso "anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità", invece presente per l'ipotesi di "reati della stessa indole".
[4] Sul tema, ampiamente, Problematiche processuali riguardanti l'immediata applicazione della "particolare tenuità del fatto", Relazione dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, in questa Rivista, 27 aprile 2015.
[5] Dello stesso avviso la Procura di Trento. Si vedano in proposito le relative linee guida, in questa Rivista, 18 giugno 2015.
[6] Di contrario avviso Linee guida della Procura di Trento, cit. 
Fonte: www.penalecontemporaneo.it//DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO

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